L’ultimo libro
di Luce Irigaray “In tutto il mondo siamo sempre in due”edito da Baldini
e Castoldi, da pochi giorni in libreria, cattura nella sua lettura. Sono
tante le domande che suscita e alle
domande seguono risposte precise, stringenti. Il rischio è quello di non
lasciare molto spazio a dubbi ed incertezze che pure nascono dalla lettura. Si
sente il bisogno di uno spazio più problematico, meno prescrittivo, alla
necessità che esiste, quella cioè di evidenziare in che modo e con quali
strumenti può costruirsi una transizione verso una nuova luce “del divenire del
mondo”; un divenire che inscriva in maniera compiuta l’essere uomini e donne.
Il corposo testo è anche una ripresa dei tanti argomenti oggetto
di analisi e ricerca dell’autrice, da quello filosofico (Speculum, Etica della
differenza sessuale, Amo a te, Essere in due), scientifico (Parlare non è mai
neutro), letterario (Passione elementare, Preghiere quotidiane) e politico (La
democrazia comincia a due, Sessi e genealogia).
Quest’ultimo testo riprende la questione che l’Irigaray considera da
sempre centrale per il divenire dell’intera umanità, cioè come rendere
possibile la relazione tra un “io” ed un “tu” rispettati in modo equivalente
nella loro dignità e diritto alla parola. Affinché questo si realizzi, la
differenza sessuale ha una importanza decisiva. Riuscire a trasformare la
relazione uomo-donna in un dialogo tra soggetti che si rispettano
reciprocamente conduce alla convivenza con altre differenze, a qualsiasi
cultura si appartenga. Il libro ricorda
un gioco, il cubo colorato di Rubik, le cui sezioni girate in varie direzioni
cambiano la posizione dei colori, facendone restare inalterata la forma
geometrica, una sorta di puzzle in cui ogni cosa sembra ritrovare il posto
dovuto: la costruzione appunto del divenire donne ed uomini. Sembra tutto così
semplice, tale è l’evidenza, semplice che quasi non ci si crede, ma è così,
sarà così? Le tappe di questo cammino, di questa ricerca sono tante: avere
consapevolezza della differenza sessuale quale basilare ed universale prima
articolazione tra natura e cultura. Avvicinarsi all’altro come altro da se “non
essere io, non essere me né mio, rende la parola possibile e necessaria fra
noi…Un uomo e una donna non generano il linguaggio e non strutturano i discorsi
allo stesso modo.” Il problema per la donna è come distinguere l’altro da
se stessa….se l’uomo infatti è troppo rinchiuso nel suo “io” la donna è troppo aperta al “tu”. “Lungi dal volerti possedere nel rapportarti a me irriducibile a me in
corpo intelletto ed interiorità”. Per questo nuovo possibile incontro
l’Irigaray scopre il ruolo della percezione come cammino per sentire l’altro,
percezione sensibile dunque, “come la
carezza che è risveglio a te, a me, a noi….una doppia intenzione mi anima:
voglio tornare a me, in me, e voglio essere con te”. In questo inaugurare
le nozze tra il corpo e la parola
l’Irigaray non dimentica l’importanza dell’andare verso l’altro e del tornare
in se. Avvicinarsi all’altro richiede di venire a patti con due intimità, non
di piegarne l’una all’altra. L’intimo richiede dimore separate, in tal senso
l’autrice descrive come sia importante la divisione degli spazi che abita il
nucleo familiare. Fare l’amore potrebbe
essere in questa ricerca, un ritorno al “respiro interno” e diventare una
condivisione spirituale. Per la pensatrice francese l’opportunità migliore per
un percorso spirituale oggi sta nel pensare che siamo nell’
“epoca del respiro”, una strada
questa per giungere alla nostra autonomia, una strada per un nuovo divenire che
rende possibile la condivisione con altre tradizioni. L’articolazione tra la
natura o la vita e la trascendenza diviene un nuovo compito per noi. La donna
deve diventare creatrice dell’umanità, generatrice spirituale e non solo
naturale; “diventare divina”, dove il
divino “apre la via ad una redenzione
dell’amore, compreso quello carnale, che fa parte dell’umanità se è umanizzato,
spiritualizzato, e non lasciato all’istinto possessivo o riproduttore”. Si
compie così il divenire “nella ricerca di
un assoluto personale che accetta di lasciarsi interrogare, modificare,
fecondare dal divenire dell’altro verso il suo assoluto”. “Uscire dal medesimo
per riconoscere un trascendente differente qui ed ora segna una nuova tappa
nella ricostruzione della coscienza e del divenire spirituale dell’umanità”.
Trasformare i nostri istinti e pulsioni, creare senso, arte e cultura in vista
di un mondo che possiamo condividere non solo a livello dei bisogni o del
danaro ma a livello del desiderio. Questo esige uguale considerazione per il
valore maschile e femminile, un rispetto reciproco. Anche l’arte alla luce di questa
considerazione cambia il suo compito “l’arte non deve solo esprimere o dare un’
immagine della realtà, ma creare un’altra realtà, trasformando il reale che noi
siamo, che viviamo”. E’ grazie anche all’arte quindi che la sessualità non
ricade nella sua funzione riproduttiva.
La stessa pratica psicoanalitica per l’Irigaray crea problemi,
sottomette tutte le percezioni sensoriali al linguaggio. Le parole rischiano di
trasformare un significato troppo mentale ed artificiale per dare o ricevere la
vita; ”i colori, come una melodia, si
prestano più a passare da una forma all’altra… curando le fratture create dai
traumi e dalla nostra economia logica che ci toglie dal nostro corpo o dalla
nostra carne”. Come tentare di costruire una identità soggettiva sessuata
segnatamente alla psicanalisi? L’arte viene in aiuto. Per la psicanalista
francese “portare a termine un’analisi,
come la riuscita di ogni relazione affettiva, richiede che ci sia accesso
all’arte dall’una e dall’altra parte, accesso ad una elaborazione immaginaria e
sensibile propria… Il lavoro della analista distrugge, decostruisce, ma non
permette di sintetizzare… La sintesi, infatti, dipende dall’immaginazione, non
dalla facoltà di analizzare”. L’ultima parte del libro è pensata per la
politica. Superare la secolare contrapposizione tra legge naturale e legge
civile è un altro passo che dobbiamo compiere. Diritti, doveri e responsabilità
per i due sessi. “Gli uomini sono
incivili per eccesso di diritti e mancanza di doveri, e le donne per mancanza
di diritti ed eccesso di doveri di cui si depenalizzano con capricci e
soggettivismo senza limiti sociali, sia che si tratti di infantilismo
persistente o di autoritarismo materno esteso alla sfera sociale”. Sono da
inscrivere tra i diritti che debbono far parte della identità civile delle
ragazze quello della verginità in quanto diritto al rispetto dell’ integrità
fisica e morale. La dimensione sessuale deve essere riconosciuta come facente
parte della identità civile. Alla politica spetta affrontare un altro compito
fondamentale in questa nostra epoca: “l’esaurimento
delle riserve naturali e delle riserve di senso e verità dei discorsi”. E’
urgente riportare l’accento sulle persone e non sui beni, sulla vita e non sul
danaro. Il possibile avvenire di una democrazia dipende dalla consapevolezza
che il genere umano è due: maschile e femminile. “Ogni genere è universale, naturale e potenzialmente culturale, ma non
è che una parte del genere umano”.
C’è bisogno di
speranza e di energia, c’è bisogno di
creare ponti, tra l’oggi e il domani,
tra l’io e gli altri. Questo, conclude l’Irigaray, è il compito della
politica perché “salvare il pianeta Terra significa anche curarsi della
felicità tanto per noi che per gli altri”.
Lucia Mastrodomenico (settembre 2006)