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“In nome della Madre”

 
Questo il titolo di un suggestivo libro di Erri De Luca. De Luca mostra lucidamente già nella prima pagina l’impostazione del testo: “In nome del padre inaugura il segno della croce. In nome della madre s’inaugura la vita”. Impossibile dargli torto.
Narra la storia di una madre, Miriàm/Maria “incudine, fabbrica di scintille”. Anzi precisa : “una ragazza, operaia della divinità, narrata da lei stessa”.
“L’adolescenza di Miriam/Maria smette da un’ora all’altra. Un annuncio le mette il figlio in grembo. Miriàm/Maria, ebrea di Galilea, travolge ogni costume e legge. Esaurirà il suo compito partorendo da sola in una stalla. Qui narra la gravidanza avventurosa, la fede del suo uomo. Qui c’è l’amore smisurato di Josef per la sposa promessa e consegnata a tutt’altro”
Utilizzare le parole di Erri De Luca, per commentare un suo stesso libro,   non va inteso come abdicare al  commento o al diritto di critica. È prendere atto che nel citare il libro, è davvero molto complicato usare altre parole, tanta è la padronanza dei testi citati, la passione, la bellezza che investe i lettori, nel leggere e rileggere “In nome della madre”.
Nella premessa De Luca scrive : “le notizie su Miriàm/Maria provengono dalle pagine di Matteo e di Luca. Qui s’ingrandisce un dettaglio da loro accennato: l’accensione della natività nel corpo femminile, il più perfetto mistero naturale.
E’in fondo senza peso, lo sputo di un minuto, il concorso maschile. In questa storia manca senza che se ne senta la mancanza.
Non è scritto nei loro libri che nella stanza c’erano levatrici o altro personale intorno al parto. Quelle che non è scritto fa ugualmente parte del racconto: non c’erano. Partorì da sola. Questo è il maggior prodigio di quella notte di natività: la perizia di una ragazza madre, la sua solitudine assoluta. Altro che stella cometa e Magi tre su piste cammelliere: la sapienza di parto di Miriàm/Maria.
Qui s’ingrandiscono dettagli per tentare una vicinanza”.
Vale per i credenti e per i non credenti. La storia della Chiesa, il valore della Bibbia, dei Vangeli sono tali  che tutti ne siamo investiti; la presenza della Chiesa nella storia dei popoli è tale che diviene  impossibile ragionare di politica, sociale, sanitario e di “quel che si vuole”,  a prescindere dall’immanenza della chiesa. Solo chi non capisce, non chi non crede, può esimersi dal restare attonito, ammaliato, affascinato dalle parole di Miriàm/Maria.
Come quando Miriàm/Maria afferma con orgoglio subito sopito: “Guardo le donne che hanno già partorito, i loro bambini sudati nei fagotti e non sono curiosa di loro. Il mio non lo terrò dentro le fasce lo farò sgambettare come fa nel grembo. Il mio non sarà come i loro. Ahi, che spinta mi hai dato. Protesti con tua madre per il suo orgoglio? Fai bene, così non mi monto la testa. Non ho niente di speciale. Sono il tuo recipiente”.
Nel  libro si leggono parole d’amore materno, di un amore materno tutto particolare, per un figlio ancor più particolare che forse si vorrebbe muto, perché “finisce che le parole costringono all’esilio, alla prigione o peggio”. Ma preso atto che muto non è:  invece tu sarai un vaso di frasi”.


I testi sono tratti da : Erri De Luca “In nome della Madre” Feltrinelli 2013