testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

Maestro di campagna


Io le elementari le ho fatte in campagna. Complice la movimentata carriera di mio padre mi sono trovato nel giro di qualche giorno in un paese campano circondato da uno spicchio di vera e propria “campania felix”. Per me che venivo dalla città nel pieno degli anni ’60, pensare che i fiori che le mie compagne portavano alla maestra davvero si raccogliessero nei campi mentre si andava a scuola e non si comprassero dal fioraio, era una cosa che, ancora adesso che ci penso, mi emoziona. La classe, eterogenea quanto mai, gli sguardi incuriositi da questo bambino di città con il fiocco fiammeggiante ed il grembiule stirato sotto al quale spuntavano pantaloni all’inglese e calzettoni lunghi rigorosamente blu, molto diversi dai calzini un po’ smollati della maggior parte di loro, un leggero brusio di sottofondo.
Neanche qualche giorno e subito la prova del fuoco: una piccola lucertola sul banco! Dopo l’orrore del primo momento mi sono venuti a mente gli insegnamenti di mio nonno che da buon veterinario mi ripeteva sempre che ogni bestia anche la più raccapricciante è portatrice di bellezza, così, mi sono fatto coraggio, ho guardato con occhi imploranti il maestro impassibile, e sotto gli sguardi attentissimi di tutti i compagni, l’ho presa delicatamente in mano; mai potrò dimenticare quella frenica pulsazione in quell’esserino di velluto!  Tutto ad un tratto la tensione è svanita, e solo allora il maestro ha rimproverato i compagni ricordando la viltà del loro gesto. Ma tant’è, ero uno di loro.  
Mai dimenticherò lo sguardo serio del maestro, maestro che in quel momento avevo odiato perché non mi aveva difeso, o meglio non mi aveva difeso quando avrei voluto io.
Ho capito il suo comportamento solo più tardi, quando le circostanze della vita mi hanno messo dinanzi a prove impegnative, quando ho dovuto fare ricorso a tutte le mie risorse per poterle affrontare e superare.
Quel semplice maestro di campagna, con i suoi modi asciutti, mi aveva insegnato che le difficoltà vanno affrontate a partire dalla forza che abbiamo in noi stessi, che c’è un momento della vita in cui non abbiamo appoggi e che tanto vale la pena esserci allenati. 
Qualche volta mi è capitato di passare, dopo tanti anni, a ridosso di quella campagna; mi è tornato nel naso l’odore della terra umida e degli aranceti dell’inizio di dicembre, o dell’intenso profumo delle fresie coltivate in barattoli di latta delle conserve; l’ultima volta mi sono spinto fino a davanti alla scuola, ora non più in uso e semi diroccata.
L’ho guardata intensamente e ho pensato al tempo passato in quel luogo pieno di desiderio di conoscenza e di relazioni, a quel luogo di impegno ma anche gioioso; ho chiuso gli occhi, e per un attimo l’ho visto, l’aspetto dimesso eppur fiero come al solito, lo stesso sguardo determinato di quel giorno. Una piccola lacrima mi ha inumidito gli occhi.


Fernanda Cinque