Passeggiando
per le strade di Roma con il naso all’insù, come fanno bambini e turisti, mi
imbattei qualche anno fa, in Via del Corallo, nel nome di Amelia Rosselli. Una
epigrafe ne ricordava alcuni versi e la casa in cui trascorse gli ultimi anni
di vita. L’enigma di quei versi mi colpì, ma nulla conoscevo né dell’opera né
della vita tormentata della poetessa, sorella di Carlo Rosselli, esule
antifascista.
A
farmi ritornare, a distanza di tempo, la curiosità fu un libro di Alda Merini, La vita Facile (Bompiani, Milano), una
raccolta di aforismi, che alla voce “fallimento”,
ricordava:
«Non
l’hanno ascoltata Amelia Rosselli, la grande e divina Amelia, poetessa
squisita. Nessuno ha avuto tempo per lei, nessuno ha saputo coglierla. Gli
psichiatri si sono semplicemente accontentati di dare un nome alla sua paura.
Ma chi come me ha vicino gente “insospettabile” sa di avere il sacrosanto
diritto di covare i propri timori.
Il
peccatore può essere felice come un innamorato, perché colui che non sa sbagliare
davanti a Dio non può neanche provare la gioia di chiedergli perdono. Dio ama i
nostri fallimenti, li guarda con occhio benevolo.
E
io piango la morte di Amelia che se n’è andata senza voler dare un senso alla
sua morte. Ma la sua non è stata una fine tragica, non è stata priva di
significato. Quando uno non ne può più della vita vuole morire tra le braccia
di Dio».
Per
una curiosa coincidenza, la pagina precedente del libro, che chiude la voce “enigma”, inizia con queste parole:
«Ti
voglio insegnare una cosa. Ogni uomo ha in sé un enigma che nessuno scioglierà
mai, un indovinello privato che si porterà dietro fino alla fine. Che cosa
piangono in fondo gli altri alla sua morte? Il fatto di non essere riusciti a
capire una persona che se n’è andata con il suo mistero».
In
quella casa di Via del Corallo, Amelia Rosselli si tolse la vita l’11 febbraio
1996, le sue spoglie riposano nel Cimitero Acattolico di Roma.
Ivo Grillo