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3° Premio Lucia Mastrodomenico 2018

Oceano

L’oceano con i suoi colori caldi e la sua aria di libertà, risveglia i cinque sensi. Bello l’orizzonte, le persone amano il senso del non-confine, poiché sembra l’infinito. Ma lui odiava questo significato, visto che anche all’infinito manca la fine.
Era lì, come tutte le mattine che aspettava l’autobus che l’avrebbe portato al suo monotono e seccante lavoro. Era un imprenditore, si occupava di case, il suo sogno nel cassetto era diventare un conduttore ma l’indignazione non aiutava molto, pertanto con due lauree e una raccomandazione da parte dei genitori era entrato in questo lavoro che non lo affascinava. Aveva trent’anni. Di solito le persone normali, se vogliamo usare questo termine, già si fidanzano o addirittura si sposano, ma lui non aveva incontrato l’anima gemella, forse perché non ne andava alla ricerca o perché se si presentava una bella ragazza lui chiudeva con effetto immediato il lucchetto del suo cuore. L’autobus era in ritardo come i soliti lunedì tristi e cupi, nel frattempo navigava nel mare di internet, odiava questi siti ma la conclusione era sempre la stessa.
Un bambino gli si avvicinò, era un poveraccio e si notava dal lessico e dagli stracci che indossava, l’uomo incominciò ad urlare dicendogli che puzzava e che se ne doveva andare ma il ragazzino non si mosse di una virgola e non era terrorizzato dalle parole di quell’imponente uomo.
Si sedette sulla panchina di fianco al signore, l’autobus non arrivava e l’imbarazzo prese il sopravvento. Passarono 10 minuti e nessuno dei due si decideva a parlare, il pullman si vedeva da lontano e l’uomo fece lo scatto di alzarsi, ma il bambino gli tenne la mano e gli disse: « Non essere freddo con me, cosa ti fa male?».
L’uomo arrabbiato si allontanò dal piccolo e ferito prese l’autobus. Lui sapeva cosa gli faceva male, un dolore che a nessuno aveva mai rivelato, una cicatrice aperta e mai chiusa, un bambino affiorò in lui, preparò un palcoscenico e davanti a una donna si esibì. Ella gli disse: « Che bravo ometto, vieni qui». Quella donna, quella dannata donna aveva rovinato la vita, cambiandolo con un atto orribile.
Il bambino che vide riuscì a fargli scaldare il cuore. In lacrime, scese da quel maledetto pullman e si avviò alla fermata dove prima era deposto, incominciò a correre e urlò : «Cosa ti ho fatto di male?» con lo sguardo rivolto verso l’alto.
Arrivò e vide un uomo che stava maltrattando il piccino che lo aveva salvato, si rabbuiò, corse ad aiutarlo e scacciato il pericolo, abbracciò il bambino, si rivide in colui che aveva sofferto tanto, il povero uomo ricco fuori ma povero dentro. Si ritrasse e il volto del bambino scombussolato gli travolse il cuore con ondate di maremoti, non capiva neanche lui il significato di quel gesto, così senza proferire parola si allontanò camminando per lunghe strade di cui non conosceva l’esistenza, il senso, come la sua vita.
Tornò nella sua dimora e afflitto preparò il letto dove si coricò l’intera giornata. Il poveruomo che dall’aspetto brutale e ignoto iniziò ad abbassare le barriere, incominciò a distruggerle.
Come la mattina precedente, scese e si diresse alla fermata, stanco della situazione che gli apparteneva, si sedette al solito posto con il solito giornale che cambiava giorno per giorno, chiuse gli occhi e in un attimo pensò al dolce viso del bambino, ai suoi occhi di un verde smeraldo, alle sue piccole mani così trascurate, al suo essere mingherlino per via della mancanza di cibo, ai suoi vestiti così sporchi e puzzolenti, ai suoi piedini con tante ferite e al suo sorriso che dopo tutte le avversità era sempre lo stesso, che dopo tutte le perdite subite non era cambiato. Li riaprì e la figura pensata tanto apparve per miracolo, il medesimo bambino si sedette accanto all’uomo e gli posò la mano sulla sua, come fece tutti i giorni del mese successivo. L’estate si avvicinava, intanto affiorava nell’uomo un sentimento mai provato. Prima di giungere alla fermata comperò la colazione per due persone, arrivò e vide il piccino seduto sulla panchina con le gambe penzolanti con lo sguardo nel vuoto e senza proferire parola gli consegnò il primo pasto della giornata, era più euforico rispetto agli altri giorni. Il bambino azzardò a chiedere: «Perché hai l’ansia? Cosa hai?».
L’uomo nervoso rispose: «Se ti portassi via da tutta questa vergogna, da questo paese e ricominciassimo dall’inizio?».
Io, quel bambino che è stato salvato da un uomo che oggi è il nonno dei miei figli, che è il padre che non ho avuto da ragazzino, colui che mi ha portato nella sua casa e mi ha salvato da tutto il male che mi apparteneva, ammetto che la solitudine è il posto dove tutti noi esseri umani ci ritroviamo a stare, ma dico che la solitudine è solo un passaggio che ci avvicina alla felicità. Sperando in una rinascita anche per questo mondo, sperando nel futuro e che la felicità in questo male trionfi.

Sara Landolfi (Liceo Mazzini)

(Motivazioni della Commissione Esaminatrice

“ll racconto descrive il fascino di : “quel bambino che è stato salvato da un uomo che oggi è il nonno dei miei figli, che è il padre che non ho avuto da ragazzino”. Felicità nell’incontro tra un uomo e un bambino con “ i suoi vestiti così sporchi e puzzolenti”, nel consumare insieme “il primo pasto della giornata” nel cogliere il senso di “una solitudine che è solo un passaggio che ci avvicina alla felicità”)