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Religione e religiosità. “A chi appartengo io?”


Tra Dilemmi ed Istituzioni uno splendido contributo che il teologo Vito Mancuso ha pubblicato su  “Robinson -Repubblica” del 3 giugno 2018. Ne riportiamo alcuni stralci ritenendo il suo scritto di rilevanza fondamentale per contribuire a fare chiarezza su provenienza, appartenenze, destino dell’umanità tutta (NdR)

“Mentre cresce  il numero di pellegrini che viaggia lungo il cammino di Santiago o visita i grandi santuari mariani, le chiese sono sempre più vuote , così come i conventi, i seminari, le facoltà di Teologia. Sottolinea dunque  l’evidente scollamento tra religiosità e religione istituita.”

“Non esiste civiltà senza religione. Gli esseri umani sperimentano una dipendenza da potenze più grandi, la quale, una volte espressa, genera la categoria del divino.
Il divino non dice solo l’inevitabile dipendenza da forze cosmiche o psichiche o tecniche o politiche, dice anche e soprattutto l’innato bisogno di appartenenza che contraddistingue l’umano.”

“A chi appartengo io?” questa è la più forte domanda esistenziale, ancora più urgente del desiderio di indipendenza e la sua risposta si chiama religione. Il che vale anche quando la risposta non prevede nessun Dio trascendente, come nel caso di appartenenze politiche o di altro genere: sempre e comunque entra in gioco una “religio” (un legame) che, rispondendo alla domanda più radicale, genera la passione più forte.”

Così ad esempio Dostoevskij descriveva la sua fede, “come - il credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, di più coraggioso e perfetto del Cristo; e non solo c’è, ma come amore geloso mi dico che non può non esserci. E non basta: se qualcuno mi dimostrasse che il Cristo è fuori della verità ed effettivamente risultasse che la verità è fuori dal Cristo, io preferirei restare con Cristo anziché con la verità.- “

“Per questo la religione è stata tanto efficace dal punto di vista sociale…fino a quando gli esseri umani saranno dotati di libertà e sentiranno  il bisogno di collegarla a una dimensione più grande del loro piccolo ego, la religione esisterà. Il suo oggetto può mutare, come di fatto muta: prima furono gli Dei, poi un unico Dio, oggi  e domani chissà. La religiosità però, in quanto dinamica esistenziale, non è venuta mai meno e mai lo verrà.”

“Oggi il problema (o la grande opportunità?) è che l’innata sete di religiosità non trova più una risposta nella religione che per secoli è stata la religione dell’occidente, cioè il cristianesimo, sia esso cattolico, ortodosso o protestante. La scissione tra religione e religiosità risale all’inizio dell’epoca moderna (si pensi a Giordano Bruno o a Galileo)e ha portato altre discipline a tentare di prendere il posto della religione costituita: penso a scienza, filosofia, arte, politica. Ma le prime tre, per la propria natura, possono generare solo in pochi quella passione integrale che placa la sete di appartenenza garantita dalla religione. : scienza, filosofia ed arte sono intrinsecamente destinate a delle minoranze e, anzi, ogni tentativo di renderle popolari è destinato a dissolvere il loro nucleo vitale. Resta la politica. Essa nel novecento prese effettivamente il posto della religione, ma oggi le cose sono del tutto mutate….Rimane che il destino di ciò che chiamiamo Occidente, di ciò che finora nel bene e nel male ha dato forma alla dimensione sociale delle libertà, è ampiamente legato alla capacità di colmare il vuoto tra religione e religiosità.”