testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

Racconti di immigrate


Agho
Io sono nata a Benin City in Nigeria. I miei genitori si chiamavano Jonson e Margaret. Ho sei fratelli e due sorelle. Mia madre fa la sarta, mio padre era un insegnante è morto un anno fa all’età di sessanta tre anni. Ho un fratello gemello che studia ingegneria meccanica. Da bambina ho vissuto con la mia nonna materna perché il mio gemello stava male e mia madre non poteva occuparsi di tutti e due. Poi, ancora piccola, sono andata a vivere a casa di mia sorella. Eravamo molto poveri ed io per sopravvivere ero costretta a lavorare, vendevo cose varie.  A quindici anni sono tornata a vivere da mia madre perché volevo studiare. A quindici anni ho avuto il mio primo ragazzo Joh. Mentre stavo con lui ero fidanzata anche con altri ragazzi, pensavo che la vita dovesse essere vissuta così. I miei genitori mi sgridavano ma io non li ascoltavo. A diciotto anni ho capito che non era giusto vivere a quel modo. Dopo ho trovato lavoro in un grande albergo, alla reception del “Langer Hotel”, ma dopo un po’ sono stata licenziata.
All’età di 20 anni ho saputo che molti miei  connazionali erano venuti in Italia, sono partita anch’io in cerca di lavoro. Ho lavorato come parrucchiera con una mia connazionale per tre mesi. Poi mi sono trasferita a Rimini dove sono rimasta per nove mesi senza trovare lavoro. Il lavoro che facevano le mie connazionali a Rimini non mi piaceva, per questo sono venuta a Napoli. A Napoli compravo orologi e scarpe e poi li rivendevo.  Nel febbraio 1997 ho iniziato questo corso di taglio e cucito (presso la Comunità di Capodarco). Sono fidanzata con Jolly che vive in Nigeria. Dopo questo corso spero che Dio mi aiuti a trovare un buon lavoro così mi posso sposare con Jolly, vivere bene ed avere dei figli. Secondo me la vita è difficile.

Fatou
Mi chiamo Fatou e sono nata in Costa d’Avorio. Ho quarantuno anni  e tre figli, uno  di diciotto anni, uno di sedici, uno di undici. Sono venuta in Italia nel 1995, pensando di migliorare la mia vita. I primi mesi sono stati fantastici, uscivo tutte le domeniche con mio marito per far visita a dei suoi amici. Quando ho avuto il lavoro in un ristorante sono cominciate le difficoltà. Due settimane dopo che avevo trovato il lavoro, una sera arrivando a casa ho trovato tutte le mie cose sottosopra, mi avevano rubato tutto quello che avevo. Ho sperato che una cosa del genere non mi succedesse mai più ed invece dopo due mesi ho avuto un altro furto. Hanno preso tutto, la televisione, la radio, il videoregistratore.  La mia consolazione è che mi piaceva il mio lavoro; ho anche incontrato una donna italiana che è divenuta una mia cara amica e poi la scuola è stata per me molto importante. Siamo diventate tutte amiche. Mi piace incontrare persone diverse, ho tante difficoltà ma non le faccio vedere.
Il mio grande sogno è trovare un lavoro per mio marito. Lui ha anche un altro desiderio. Vorrebbe un altro figlio, qui in Italia, ma purtroppo non è ancora arrivato. Vorrei una casa più dignitosa e sicura, dove vivo adesso può entrare chiunque. Esco ogni giorno con la paura che mi capiti qualcosa per strada e ho l’angoscia che rientrando a casa la sera posso trovare ancora brutte sorprese. Purtroppo di brutti ricordi ne ho molti. Mia sorella si chiama Ami, mio fratello Sijdou. Ricordo che mia sorella si doveva sposare un uomo scelto dalla mia famiglia ma lei non voleva. Mia zia l’ha picchiata tanto ma tanto finchè lei non è svenuta. Ho avuto paura che lei morisse. Alla fine hanno vinto loro e mia sorella si è sposata con Sidkl. Il mio turno è venuto a diciotto anni. Un giorno vedevo tante persone eleganti entrare in casa mia; fuori pioveva e io non ho capito perché, nonostante la pioggia, queste persone entravano in casa tutte ben vestite. Si trattava del mio matrimonio ed io non ne sapevo nulla. Non avevo mai visto mio marito. Ho dovuto sposarlo, è stata molto dura questa scelta anche perché non sono potuta più andare a scuola e il mio sogno allora era quello di continuare a studiare. Non ho mai conosciuto i miei genitori, mi è mancata la loro tenerezza, in particolare di mia madre. Mia sorella più grande mi ha fatto da madre e mi ha fatto conoscere l’amore. Lei non ha mai avuto figli. I miei tre figli che vivono in Africa sono anche suoi figli che non vedo da tre anni. Il mio corpo ha subito delle violenze ed io oggi non permetto a nessuno di toccare i miei figli e le mie figlie. Mia sorella la pensa come me. Nessun bambino dovrebbe vivere senza i suoi genitori 

tratto da – Lucia Mastrodomenico “Défilé” – Ed. L’Ancora del Mediterraneo -1999