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Altra minorità, quartieri spagnoli:


La mia frequentazione quasi quotidiana (vado lì a fare la spesa) dei quartieri spagnoli mi porta ad apprezzarne i mutamenti. Mutamenti enormi avvenuti negli ultimi anni. Per certi versi sembra la Sicilia gattopardesca, grandi cambiamenti perché nulla cambi; per certo i quartieri spagnoli sono stati oggetto di drastici cambiamenti in pochi anni. Un decennio sono davvero pochi anni se si guarda alla storia. Nell’ultimo decennio nulla è cambiato eppure tutto è cambiato. 
Altrove, nei centri storici delle grandi città,  il popolo, i sottoproletari, i poveri, quelli mal messi, chiamateli come più vi piace, sono stati espulsi dall’invasione dei turisti, dalla nuova economia, dalle trasformazioni sociali. Ai quartieri spagnoli no: sono ancora tutti lì. Il sottoproletariato  chiassoso, invadente, maleducato, anarchico e tollerante  è tutto ancora lì.
Ci sono i piccoli artigiani, fruttivendoli, macellai, i “tutto a mille lire”, pescherie; non mancano le vecchiette con bastone, i senza denti (chè le dentiere non se le possono proprio permettere), scooter con tre persone a bordo, rigorosamente senza casco che proseguono zigzagando tra la folla con la consueta abilità. Sempre folla che cammina piano o veloce, si urta, ti urta e prosegue distratta. Tanti bambini in carrozzina che urlano,  ma più di loro le madri. Persone di tutti i colori: palestra di bianchi, neri, cinesi, arabi, tutti diversi, diversità che diviene regola come da sempre succede a Napoli, come da sempre lo sono i tanto amati femminielli. Verrebbe da dire a quelli che la pensano tipo “Lega“: venite a scuola ai quartieri spagnoli. Avreste molto da imparare.
Da dove sgorga tanta tolleranza. Semplice: c’è spazio per tutti, non pestarmi i piedi e cammina per la tua strada, se ce la fai. Comprare la frutta dal mio fruttivendolo (ci vado perché ha la migliore frutta e verdura ed è quindi molto affollato) equivale a lottare per la sopravvivenza: si mette la frutta nei sacchetti, si accumulano, si confondono con quelli degli altri, finché uno degli addetti (quasi tutti della stessa famiglia), li seleziona, ti chiede se è giusto, in un frastuono incredibile e caos quanto mai organizzato, li pesa e ti fa pagare. Ne esco frastornato ma ci torno sempre. Da qualche giorno però c’è una piccola e splendida signora colombiana che quando mi vede,  mi prende con sé, mi chiede che voglio e mi risolve tutto. Devo solo pagare. Mi ha preso a ben volere. 
Spesso a mezza notte si sparano fuochi d’artificio. Brevi, 5 minuti al massimo, fragorosi. Che si festeggia? Il nuovo giorno, il santo del giorno, nuovi arrivi, nuovi doni? Non è dato sapere, ma il rito continua.
Nell’ultimo decennio dunque nulla è cambiato ed invece tutto è cambiato, specialmente nei primi due vicoli paralleli a via Toledo, in tutta la loro lunghezza. Tra il popolo dei sottoproletari e diversi vari,  si muovono frotte di turisti, tante case si sono trasformate in bed and breakfast, pullulano i ristoranti tipici e le pizzerie. Il tutto è successo da quando Napoli è divenuta meta ambita da turisti di tutto il mondo. Prima la zona di San Gregorio Armeno, poi il centro storico, poi i quartieri spagnoli. Gira una nuova economia tra aria inquinata, affollamento, popolo che mantiene il primato sul quartiere. Sicuramente c’è nuovo benessere, venuto fuori, al solito, in maniera anarchica, senza programmazione, senza obiettivi condivisibili. Gira la nuova economia con le vecchie regole di Napoli. Lo Stato non c’è o quando c’è non si nota.
Tutto ciò avviene alle spalle della city Napoletana, del quartiere dei Guantai Nuovi dove pullulano, banche, professionisti, uomini d’affari, borghesia più o meno frustrata. A conferma che Napoli è frammistione, confusione, allegria e povertà. Il tutto condito da un radicamento familiar/familistico inamovibile come dimostrato dal fatto che, nonostante i mutamenti, il sottoproletariato urbano abita ancora il centro storico e ne detta le regole.
Tutto ciò avviene a pochi metri dalla fermata della metropolitana più bella del modo: la stazione di via Toledo. Ma, chi se ne frega, dicono molti napoletani. Forse sarebbe meglio se i trenini passassero ogni 3 o 4 minuti come avviene nelle altre città e non ogni 10/15 minuti. Questo il tempo che ci tocca attendere, nella fermata Toledo, la stazione…..più bella del mondo, per prendere il nostro trenino.

RL