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Piove governo solito


A novembre di solito piove. Anche quest’anno piove tanto. Venti da sud, di scirocco e non da nord, come spesso succede. Piove governo ladro. No. Piove governo solito. Un governo che si sta comportando, come i precedenti,  per quanto riguarda il meridione d’Italia. Promesse, chiacchiere e pochi o nessun fatto. Eppure mai si era visto un governo, come l’attuale, composto da tanti ministri provenienti da regioni meridionali.
Ricordiamo che, dopo la nascita del governo Conte bis, 5 settembre 2019, tutta la stampa italiana riportava articoli allarmati ed allarmistici, per la grande presenza di ministri meridionali. I benpensanti si chiedevano: “tanti ministri meridionali al governo, saranno capaci? Dirotteranno al sud la maggioranza delle risorse?”. I commenti erano molto preoccupati.  Dopo anni ed anni nei quali,  le maggiori risorse economiche,  infrastrutture, servizi, sono state appannaggio del nord, si pensava, arriverà finalmente qualcosa in più al sud. A distanza di tre mesi si può affermare che nulla è cambiato. Il solito governo ha finora mostrato grande disattenzione verso le regioni meridionali. Proviamo a fare alcuni esempi. 
Pensioni. L’aver mantenuto la cosiddetta quota 100 per le pensioni, riforma che ha visto i maggiori beneficiari al nord, costerà nel triennio 2019 – 2021, circa 30 miliardi di euro secondo il Centro Studi Itinerari Previdenziali. Scarsi o nulli i benefici in termini occupazionali. Quota 100 infatti non servirà a sbloccare il mercato del lavoro e produrre nuove assunzioni, come già evidenziato anche dall’ex Presidente dell’INPS. Nel 2019, a fronte dei circa 50000 lavoratori del settore privato che sono andati in pensione, si calcola che vi saranno pochissimi posti di lavoro per i giovani, forse meno del 10%. Nello stesso tempo a fronte dei circa 30000 dipendenti pubblici che sono andati in pensione, sguarnendo settori importantissimi, come la scuola o la sanità, si verificheranno poche nuove assunzioni. Ai 30000 ex lavoratori, ora pensionati,  in precedenza  lo Stato pagava lo stipendio, ora pagherà la pensione, quasi uguale all’ultimo stipendio, grazie al sistema retributivo ancora in essere per i più anziani. Quindi lo Stato paga gli stessi soldi per persone che prima lavoravano ed ora sono in pensione. Al loro posto…nessuna o scarsissime assunzioni. Invece migliaia di posti di lavoro, in special modo al sud, negli ospedali, nelle scuole, in altri servizi si sarebbero potuti  creare,  con 30 miliardi di euro. Ma anche con 20, se il governo avesse pensato di mantenere la misura “quota cento” solo per le categorie di lavoratori che hanno svolto mansioni usuranti. Il grosso del costo di quota 100 graverà dunque sulle future generazioni.
Sanità:  permangono commissariate tutte le regioni del sud, eccezion fatta per la Basilicata. Eppure le regioni del sud, in particolare la Campania, hanno, in questi ultimi anni, messo a posto i conti, raggiunto un sostanziale equilibrio di bilancio, migliorato i livelli assistenziali. In questi giorni pare che la Campania possa uscire dal Commissariamento. Se ciò avverrà, significa, per la Campania, avere più risorse, fare nuove assunzioni, tornare ad una gestione “normale” della sanità. Sarà vero o sono le solite promesse? Staremo a vedere. Non c’è da fidarsi più di tanto, basta confrontare le affermazioni, fatte negli ultimi tre mesi, da vari ministri, in materia di autonomia differenziata. Ad esempio tra le affermazioni fatte dal Ministro agli Affari regionali in  settembre e quelle di pochi giorni fa. 
Autonomia differenziata (AD): la richiesta di AD, avanzata da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna fu oggetto di un preaccordo tra il Governo Gentiloni e le tre regioni richiedenti. Il governo Conte 1, nella sua inconcludenza, non aveva realizzato granchè, con grande delusione dei governatori di Veneto e Lombardia che si aspettavano molto di più da un governo a trazione leghista. A settembre  vari ministri del Conte 2 avevano affermato che l’accordo era da ridiscutere e non si sarebbe potuto attuarel’AD,  prima dell’applicazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), previsti dalla Costituzione e mai attuati. Applicare i LEP significa avviare la fase di riequilibrio tra i vari servizi (sanità, scuola, etc.) esistenti nelle regioni del nord e in  quelle del sud. Basti pensare a quanti asili nido esistono al nord, e quanti al sud, a quanti meridionali sono costretti ad emigrare per curarsi al nord, dove esistono ospedali meglio organizzati. Applicare i LEP significa realizzare programmi per il riequilibrio territoriale. AD significa invece, di fatto,  consentire alle regioni del nord, che già ricevono più risorse, di averne ancora di più. Quindi per le tre regioni, decollo verso servizi tipo nord Europa,  livellamento in basso per le regioni meridionali. Ebbene, pochi giorni fa, il meridionale Ministro degli Affari Regionali ha affermato che l’AD può partire anche senza aver fissato i livelli dei diritti per tutti. I LEP possono essere determinati anche 12 mesi dopo l’approvazione della legge sull’AD. Campa cavallo. Ancora promesse, chiacchiere, per il sud. Certo le tre regioni hanno servizi più efficienti perché li hanno organizzati meglio. Ma hanno avuto anche molti più soldi dallo Stato. È maturo il tempo di verificare se, anche le regioni meridionali, siano in grado di organizzare le cose meglio. In Campania, in Puglia, in Sicilia, come anche nel Lazio, si sono verificati sostanziali miglioramenti, negli ultimi anni. Il governo dovrebbe prenderne atto e pensare alla coesione nazionale, ad applicare i LEP prima dell’AD.  
Il 13 dicembre prossimo, alle ore 17, al Palazzo delle Arti di Napoli (PAN), l’Associazione “Madrigale per Lucia – ONLUS” organizza un incontro sul tema “I Giovani e i Sud”,   per discutere del rapporto sud/nord, in particolare della condizione dei giovani. Temi, come visto, complessi e di non facile soluzione. 
Speriamo, almeno, non piova.

RL