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Legami familiari


Legami familiari (Lacos de familia) è il titolo di un romanzo, scritto negli anni 60, da Clarice Lispector, una delle scrittrici più amate da Lucia Mastrodomenico. La Lispector, nata in Ucraina nel 1920 da una famiglia ebrea, aveva due anni quando la famiglia si trasferì in Brasile. Si sentì profondamente brasiliana arrivando a definirsi Pernambucana. Visse anche in Europa e negli Stati Uniti, ma tornò a Rio de Janeiro nel 1959, dove scrisse il romanzo che qui vogliamo ricordare, Legami Familiari. Morì nel 1977, all’età di 57 anni.
Legami Familiari è un romanzo composto da 14 racconti su questioni che descrivono i legami (o i cappi) della vita in famiglia. La famiglia, un universo sull’orlo del collasso, pronto a liquefarsi, ma sempre lì, in forme nuove, a supportare il vivere umano. Quale alternativa è stata individuata alla vita in famiglia? Le dure critiche alla famiglia,  ipotizzate negli anni 70 del secolo scorso, dove sono andate a finire? quali nuovi modelli sono stati individuati? La novità degli anni 2000,  è la prevalenza dei single. Sarebbe interessante analizzare quali sono i “legami familiari” che s’instaurano,  a partire dal vivere soli..
Tornando alla Lispector,  riportiamo l’incipit di uno dei racconti, quello che si chiama, proprio come il romanzo, “Legami Familiari”, ripreso dall’edizione pubblicata nel 1986 da Feltrinelli, nella traduzione dal portoghese di Adelina Aletti. (NdR).

<Madre e figlia si sistemarono finalmente nel taxi che le avrebbe portate alla stazione. La madre contava e ricontava le sue due valigie tentando di convincersi che ambedue si trovassero nell’auto. La figlia, con i suoi occhi scuri, cui un leggero strabismo dava un continuo brillio freddo e grottesco, l’accompagnava.
“Non ho dimenticato niente?”, domandò per la terza volta la madre.
“No no non hai dimenticato niente”, rispose divertita la figlia, con pazienza.
Ancora si trovava sotto l’impressione della scena semicomica del commiato tra la mamma e suo marito. Nelle due settimane di permanenza della vecchia, i due si erano a malapena sopportati; i buongiorno e i buonasera risuonavano con una gentilezza carica di circospezione, che le metteva voglia di ridere. Ma ecco che, al momento dell’addio, prima di entrare nel taxi, la mamma si era trasformata in una suocera esemplare e suo marito era diventato un genero modello. “Scusami qualche parola infelice” aveva detto l’anziana signora, e Catarina, con una certa allegria, aveva visto Antonio balbettare, senza saper bene cosa fare delle valigie che teneva in mano – sconcertato dal fatto di essere un genero modello. “Se rido questi due mi credono pazza” aveva pensato Catarina aggrottando le sopracciglia. “Chi sposa  un figlio perde un figlio, chi sposa una figlia ne guadagna un altro” aveva detto la mamma e Antonio aveva approfittato del suo raffreddore per mettersi a tossire. Catarina, in piedi, osservava con malizia il marito la cui sicurezza si era dissolta per lasciare il posto a un uomo bruno e minuto, costretto ad essere figlio di quella donnetta dai capelli grigi…..>