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Continuiamo a parlare di scuola. Il pezzo di Maria Colaizzo, del 2015, prefigura uno scenario quanto mai attuale. Fornisce a nostro avviso spunti di riflessione molto interessanti (NdR)

Il maestro di strada

Il ragazzo si affacciò alla finestra. Guardò in strada per capire da dove provenissero voci e rumori, anche se lo intuiva facilmente. Poi il gruppetto si materializzò. Dal suo piano alto ma non troppo perché non lo raggiungessero le parole osservò con interesse le persone che sostavano sulle panchine, nel modesto giardino a ridosso del quale si ergeva la bella palazzina grigia nella quale abitava con la sua famiglia. Era un gruppo di ragazzi, quasi tutti suoi coetanei - così gli sembrava - che si accompagnavano ad un uomo adulto, alto e barbuto, che aveva tra le mani dei libri. Alcuni gli rivolgevano delle domande, altri conversavano tra di loro. Qualcuno rideva e c'erano anche delle ragazze. L'adulto iniziò a parlare. Teneva una lezione. Gli parve di capire che stesse leggendo dei versi; i ragazzi gli si erano stretti intorno e facevano silenzio. Albert trovava quella situazione molto interessante. Era una bella giornata di aprile, fresca e soleggiata, e tra gli alberi scorreva un vento piacevole. La voce del maestro era accompagnata quasi musicalmente dallo stormire delle foglie ed i volti degli adolescenti assumevano un aspetto via via più assorto. Allora Albert si avviò alla porta. Spense il computer, prese un vecchio quaderno, la penna che non usava quasi mai, un giubbino leggero. Sua madre lo chiamò mentre stava per infilare l'uscita. "Dove vai Albert?" disse con voce dolce.  "Voglio ascoltare la lezione del maestro di strada, sono stanco di restare da solo"; "Credi che ne valga la pena? Hai tutto quel che ti serve, qui."  Albert aveva già ascoltato altre volte quel discorso. Da tempo la scuola non esisteva più; gli ultimi istituti scolastici avevano chiuso una decina di anni addietro. L'istruzione aveva smesso di occupare un luogo fisico, e si era trasferita on-line in maniera totale e definitiva. I maestri parlavano e fornivano materiali attraverso lo schermo del computer, i compiti assegnati venivano autovalutati dagli allievi e qualche audiovisivo interattivo costituiva la forma più fisicamente consistente di lezione. "Mamma, vorrei un maestro in carne ed ossa. Che mi veda e che io possa vedere"; "che bisogno c'è di questo individuo? Gli insegnanti devono insegnare, non frequentare i propri allievi. Non vedi che quei ragazzi che seguono il maestro ambulante sono diversi da te? Sono malvestiti e forse non si lavano, potrebbero essere dei delinquenti";    "perché parli cosi? Se neppure li conosci! Poi una volta mi hai detto che l'istruzione on-line andava incontro ai bisogni dei malati e dei lavoratori, dei vecchi. Invece ora te ne servi per allontanare quelli che non ti piacciono, e che forse sono solo poveri"; "insomma - sospirò la mamma - non pensi che cerchiamo di proteggerti, e di offrirti quello che c'é di meglio? I migliori programmi, le lezioni più prestigiose. Cosa credi che possa dirti quella specie di pifferaio? Comunque va, ma resta il minimo indispensabile". Albert corse giù per le scale, in un lampo fu nel cortile e nel piccolo giardino. La mamma era buona e non sapeva negargli nulla, anche se le sue idee erano troppo all'antica. Credeva ancora che tempo e spazio potessero costituire un ostacolo all'apprendimento, credeva che per imparare e studiare non ci dovessero essere luoghi speciali, ma bastasse la stanza di un appartamento. Forse era tutto un pretesto per tenerlo prigioniero. Quando fu nel gruppo, il maestro leggeva dei versi.[1]

Era il sonetto n.° 18 di Shakespeare, Shall I compare thee.

Devo paragonarti a una giornata estiva?
Tu sei più incantevole e mite.
Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di maggio
e il corso dell’estate é fin troppo breve.
Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo
e spesso il suo aureo volto e' offuscato,
e ogni bellezza col tempo perde il suo fulgore,
sciupata dal caso o dal corso mutevole della natura.
Ma la tua eterna estate non sfiorirà,
né  perderai possesso della tua bellezza;
né morte si vanterà di coprirti con la sua ombra,
poiché tu cresci nel tempo in versi eterni.
Finché  uomini respirano e occhi vedono,
vivranno questi miei versi, e daranno vita a te.

Albert provava una emozione nuova, e gli sembrava che quelle magnifiche parole illuminassero tutte le altre che conosceva. Il maestro spiegò e ascoltò le domande e rispose. Sul suo volto aleggiava una gioia sottile, e tutti parevano più felici. Come gli sarebbe piaciuto che le altre lezioni somigliassero a questa! Quando il gruppetto si sciolse, ogni ragazzo porse al maestro qualche moneta. Albert non aveva nulla, e si limitò a ringraziarlo. Il maestro, notando il suo imbarazzo, gli sorrise. Albert alzò gli occhi verso la finestra, sapendo che vi avrebbe visto affacciata la madre.  Anche il maestro alzò gli occhi, e una parte di quel sorriso salì fino al secondo piano ed entrò nella stanza.

Maria  Colaizzo, tratto da “La scuola marginale” edizionimillerighe, Napoli 2015





[1] http://www.shakespeareinitaly.it/sonetti.html