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Riportiamo di seguito l’intervista di Paolo Viana al Prof. Matteo Bassetti Direttore della Clinica Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, pubblicato su “Avvenire del 22 maggio 2020”. Ne condividiamo appieno le riflessioni. 
Riflessioni di un medico che opera sul campo ed al tempo stesso si occupa di didattica e ricerca. Se fosse un concorso a premi, la previsione di come andrà a finire la pandemia, scommetteremmo sul prof. Bassetti, più che sulle previsioni dei tanti esperti (virologi, epidemiologi, statistici) che operano nei laboratori e nelle strutture di ricerca, ma non curano malati. (RL)

Il virus è cambiato I dati? Vanno rivisti. 

E’ vero che si muore meno di Covid-19? 
«Si muore meno e non solo a Genova – risponde Matteo Bassetti, ordinario di infettivologia e direttore della Clinica malattie infettive del Policlinico San Martino –. Da giorni ricoveriamo meno pazienti. Siamo passati da un massimo di 370 ricoverati a 55 e sono casi di bassa e media complessità. I reparti Covid sono come una vasca con il tappo aperto che si sta svuotando perché entra meno acqua». 
Con la fine del lockdown tornerà a riempirsi? 
Il lockdown è finito il 4 maggio, quando abbiamo iniziato a circolare senza i vincoli di prima. Se consideriamo una settimana di incubazione, il peggio potrebbe essere passato. 
Merito del lockdown? 
Distanziamento fisico e mascherine sono importanti, ma è successo anche qualcos’altro. 
Cosa intende? 
Noi medici che abbiamo guardato in faccia il Covid-19 vediamo un virus diverso. Lui è cambiato. 
È mutato? 
Questo lasciamolo dire ai colleghi che operano nei laboratori di virologia. Al Pronto soccorso arrivavano pazienti gravi, molto gravi, anche casi da intubare immediatamente e questo ora non succede più: noi medici verifichiamo tutti i giorni una perdita di forza del coronavirus. 
Quindi è mutato? 
Le recenti ricerche sulle mutazioni sono state condotte su campioni di malati di due o tre mesi fa e per determinare se ci sia una mutazione genetica alla base della perdita di virulenza bisogna analizzare il virus dei pazienti più recenti. Lo sapremo tra qualche settimana. 
Un giorno diremo che era una sindrome influenzale? 
Troppi morti per “derubricarla”, ma molti coronavirus tendono a trasformarsi in raffreddori, con sporadici casi di polmonite. 
Se si muore meno di Covid-19 si tornerà a morire d’infarto e tumore? 
Quello dei numeri è un tema delicato. Non sono uno statistico, ma trovo strano che per mesi non si veda un caso di polmonite che non sia ricondotto a Sars-CoV-2. 
Dubita che siano tutti morti di Covid? 
Dico che è un virus pigliatutto: che il paziente abbia preso lo pneumococco o sia oncologico terminale, per noi è morto di coronavirus, perché nella scheda Istat che il medico compila ci sono tante caselle – causa  primaria, causa intermedia, causa finale, ecc. – ma ce n’è una che vale più di tutte, quella che registra la positività al Covid-19. Per decidere come trattare la salma devi fare quel test e se il paziente è positivo poco importa che sia morto per altro: a livello statistico sarà Covid19. Del resto, la preoccupazione sottesa allo smaltimento della salma è reale e si è deciso per motivi sanitari-preventivi di vietare le autopsie, ma fare tamponi post mortem è antiscientifico, perché prescinde dal dato eziologico, dalla vera causa di morte che può stabilire il medico in base ai test di laboratorio, al decorso della malattia e all’autopsia. 
I numeri del Covid19 sono scienza o politica? 
C’è stata molta gestione non medica di un problema che era medico. Una pandemia e un terremoto non sono la stessa cosa. La pandemia è stata gestita assumendo medici e infermieri. 
Ora che fine faranno? 
Agli eroi sta scadendo il contratto. Serve un piano Marshall che renda strutturale anche la possibilità di aumentare rapidamente i posti letto delle terapie intensive e rendere i reparti infettivi più semintensivi e complessi rispetto all’organizzazione che avevano fino a dicembre, imposta dalla legge 135/1990, quella dell’Aids. Si dovrà incidere anche sulla medicina territoriale: 1.500 assistiti per medico di base sono ingestibili in caso di epidemia. 
Bassetti resterà in Italia? 
Ho già lavorato all’estero e posso tornarci, ma amo la mia città e il mio ospedale e la mia Regione mi stanno permettendo di lavorare bene.