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I numeri della pandemia: che confusione


Al 24 luglio 2020, in base ai dati pubblicati dalla Johns Hopkins University, risulta che sono stati colpiti 88 Paesi nel mondo, dal coronavirus. Si sono verificati 15 milioni 500mila casi, 634.744 vittime con letalità pari al 4,1% del totale dei casi.
Il paese più colpito sono gli USA con più di 4 milioni di casi e più di 160.000 vittime, 23.000 dei quali nel solo stato di New York; anche in questo caso la letalità è risultata pari al 4,1%.
Fin qui numeri abbastanza comprensibili. La confusione aumenta se si prendono in esame i numeri degli altri paesi, europei e del resto del mondo.
In Gran Bretagna 299.000 casi e 56.800 deceduti con una letalità pari al 18,9%
In Italia 245.000 casi e 35.000 deceduti con una letalità pari al 14,2%
In Francia 220.000 casi e 30.000 deceduti con letalità pari al 13,8%
In Germania 205.000 casi e poco più di 9.000 vittime con letalità pari al 4,4%.
Passando all’America Latina:
In Brasile più di 2.200.000 casi (secondo paese al mondo per numero di casi dopo gli USA) e poco più di 84.000 vittime con percentuale di letalità pari al 3,6%
In Messico più di 370.000 casi e 41.900 vittime, con percentuale di letalità pari all’11,3%
In Perù più di 370.000 casi e 17.000 vittime con letalità pari al 4,7%
A seguire alcuni esempi riferiti a grandi paesi:
Russia più di 790.000 casi e 13.000 deceduti; letalità pari all’1,6%
India più di 1.200.000 casi (terzo paese al mondo) e poco più di 30000 deceduti; letalità pari al 2,3%;
Sudafrica più di 400.000 casi e poco più di 6000 deceduti; letalità pari all’1,5%.
Si potrebbe continuare con altri numerosi esempi che dimostrano quanto le indagini riferite a casi e decessi per Covid 19, siano quanto meno opinabili. Dipende da come vengono raccolti i dati, dai sistemi di diagnosi utilizzati, da come si attribuiscono i decessi per Covid 19; da come vengono effettuati i controlli; da quale è il ruolo della  propaganda politica.
In qualche maniera è comprensibile lo   scostamento tra la percentuale di letalità in Germania (4,4%) e quella registrata in GB (18,9%) o in Italia (14,2%), forse dovuta ad una maggiore efficienza del sistema di prevenzione e controllo della pandemia, oltre che all’elevato numero di posti letto di terapia intensiva e sub intensiva presenti in Germania.
Ma come spiegare la differenza tra l’elevata percentuale di letalità registrata in GB e Italia, con la bassa percentuale riscontrata in Russia  (1,6%), in India (2,3%), in Sudafrica (1,5%). In questi ultimi paesi il virus è stato davvero meno letale o sono poco credibili i sistemi di raccolta di informazioni e dati sanitari? In Russia, India e Sudafrica non sono stati in grado di riconoscere e contare i morti per Covid o di dati vengono aggiustati? Differenze così rilevanti non possono essere spiegati con fattori climatici o con la presenza di molti più anziani. C’è qualcosa che non convince e che va indagato meglio.
Una cosa è certa. Vi è una totale disomogeneità di raccolta di informazioni e dati, su numero di casi e numero di morti per Covid, nei vari paesi. Questo non aiuta la conoscenza del fenomeno, alimenta confusione e sconcerto. 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, pagata con i soldi dei contribuenti di tutti i Paesi,  dovrebbe occuparsene e individuare un rimedio per mettere ordine nella raccolta e diffusione dei  dati, promuovere indagini più approfondite, al di là delle sola raccolta di dati descrittivi del fenomeno.

RL