La Scuola si era preparata all'evento dal momento in cui ne era venuta a conoscenza. Il Ministro della Pubblica Istruzione aveva deciso di inaugurare l'anno scolastico nell'Istituto in cui aveva frequentato, a suo tempo, il liceo. Onorato ed emozionato per l'evento, che in qualche modo aveva sollecitato grazie alle proprie conoscenze politiche, il Dirigente aveva organizzato una giornata particolare, procedendo immediatamente ad invitare quanti potessero risultare graditi al nuovo Ministro. La Scuola era stata tirata a lucido e l'Aula Magna abbellita con piante; sulla lunga scrivania destinata ai relatori ed ai protagonisti degli eventi era stata posta una bella stoffa damascata in sintonia con i tendaggi. L'impianto acustico era stato installato e verificato con cura, e così pure il telo sul quale si sarebbero proiettate immagini e filmati di benvenuto. La storia secolare dell'Istituto sarebbe stata richiamata da qualche docente, mentre gli studenti delle ultime classi avrebbero costituito un pubblico educato ed interessato, oltre che preparato per un eventuale dibattito. Così, nei giorni precedenti l'inizio dell'attività didattica, tutti si erano sentiti coinvolti dai preparativi, e serpeggiava un'atmosfera festosa. Qualcuno assaporava già la soddisfazione di vedersi nel TG nazionale, e godeva della inconfessabile gioia derivante dall'invidia, ben mascherata, delle altre scuole, escluse da quell'inizio speciale. Il giorno precedente la visita del Ministro, una luminosa mattina di settembre, furono fissati finanche i posti delle prime file, riservati al personale della Scuola di cui il Dirigente desiderava la presenza, e a qualche giornalista che avrebbe raccontato la cerimonia contribuendo a consolidare l'immagine dello storico Istituto.
La sera precedente il Ministro prendendo nota del proprio impegno si era abbandonato ai ricordi di gioventù, e aveva richiamato alla memoria i nomi dei docenti e di qualche compagno di studi. In verità non è che il suo percorso scolastico fosse stato ineccepibile, anzi alcuni votacci avevano segnato sgradevolmente qualche periodo, esponendolo a pericolose crisi di autostima. Gli piaceva gareggiare e primeggiare, ma non era sempre disposto al sacrificio dell'impegno di studio, e studiava, insieme al Greco ed al Latino, anche il modo di garantirsi il successo futuro senza sforzi eccessivi. Delle discipline scolastiche, nessuna lo appassionava, nessuna in maniera particolare, e soprattutto detestava la filosofia, il cui insegnamento era affidato ad un docente a suo parere aspramente esigente. Di quel docente suo padre si era persino lamentato con il Preside, avendo rilevato una certa incompatibilità, per non usare la parola antipatia, con il proprio figliuolo. Dotato di bella presenza e di una parola disinvolta ai limiti della spregiudicatezza, si trovava circondato da piccoli fans, che col passare del tempo erano divenuti dei veri e propri sostenitori durante le campagne per le elezioni scolastiche. Alla fine del percorso liceale si era ritrovato con un voto leggermente superiore a quello che avrebbe meritato, e si era lanciato negli studi universitari lasciandosi alle spalle le parole ed i volti dei suoi professori, l'affetto e la stima dei propri compagni ed anche l'amore di qualche coetanea, alla quale non aveva prestato attenzione. Il resto era venuto con un po' di fortuna e qualche aiuto, con il sostegno della famiglia ed un'accorta gestione delle relazioni sociali. Ora però che si rendeva necessario preparare un discorsetto da tenere agli allievi, e qualche risposta per eventuali domande, il Ministro rimaneva a corto di argomenti e le pagine che andava riempiendo erano esigue e troppo poco significative per occupare lo spazio ed il tempo.
L'auto d'ordinanza lo depositò dinanzi alla Scuola. Gli si fecero incontro il Dirigente ed i suoi collaboratori nel loro aspetto più curato, sorridenti, efficienti. Una piccola rappresentanza di studenti gli porse il benvenuto e gli propose una visita ai locali dell'Istituto prima di dare inizio ai lavori in Aula Magna. Nella Presidenza gli fu offerto un caffè; strinse molte mani, accolse molti ringraziamenti, mentre osservava l'ambiente che lo circondava e rifletteva sul fatto che i ricordi di un ragazzo possono allontanare l'adulto dalla percezione esatta del reale. Infatti quei locali e quei corridoi che gli erano parsi straordinariamente grandi gli sembravano ora di dimensioni assolutamente normali, e forse anche anguste; lo opprimeva un vago senso di soffocamento, e chiese di aprire le finestre, considerando che le temperature erano elevate per quel periodo dell'anno. Iniziò la visita dei locali. Dal primo all'ultimo piano, osservò tutto con attenzione, cercando con lo sguardo le aule in cui era stato, affacciandosi alle finestre, alzando gli occhi verso le belle volte antiche. La visita si concludeva con i laboratori, dislocati al piano terra e protetti da solide grate di ferro. Vi era conservato un patrimonio di antichità, macchinari e strumenti, carte geografiche e libri rari, reperti di vario genere, a costituire un vero museo, diligentemente catalogato ed orgogliosamente esposto. Fu allora che si verificò un piccolo incidente: la porta di ferro del gabinetto scientifico in cui era entrato precedendo i suoi accompagnatori si chiuse violentemente alle sue spalle, forse per un colpo di vento. Il Ministro rimanendo nello spazio ristretto quasi a ridosso delle apparecchiature ebbe un sobbalzo, ma subito si riprese e si avvicinò alla porta per aprirla. Di nuovo si spaventò quando si accorse che non era possibile aprire tale porta dall'interno e, alla fioca luce che proveniva da un finestrino altissimo ed oblungo, vide che la maniglia penzolava spezzata. Si trattenne tuttavia dal percuotere la porta con le mani, immaginando l'imbarazzo dei suoi ospiti, che certo stavano armeggiando disperatamente per aprirla, e che avrebbe dovuto rassicurare una volta uscito, accettandone le scuse con fair play.
I minuti passavano ma la porta rimaneva chiusa. Peggio, nessun rumore segnalava dei tentativi di aprirla. Il Ministro aveva trovato uno sgabello alto sul quale si era appollaiato, ed aveva poggiato le braccia su quello che riteneva un vecchio banco del Laboratorio di Chimica, sostenendo la testa tra le mani. Avvertiva dentro di sé un certo malessere, e malediva se stesso e la propria segretaria, che gli aveva passato con insistenza la proposta di quella visita. Che senso poteva avere ritornare in una scuola che non aveva mai sentito sua, e discorrere con dei professori che erano forse simili a quelli che lo avevano, più che sostenuto, ostacolato nella realizzazione dei suoi progetti? Fu allora che gli parve di udire nel silenzio una frase: Chi vuole essere un uomo politico, non deve seguire l'esempio dei politici a lui precedenti, che mirando al compiacimento del popolo si sono rivelati dei corruttori. Questi deve piuttosto impegnarsi - come Socrate dice di aver fatto - a ricercare il bene per sé e per il prossimo. Solo il filosofo in questo senso è il vero politico [1] Nella semioscurità rilevò i contorni di una figura seduta, di cui distingueva i lineamenti del volto. La fronte corrugata, gli occhi grandi sotto sopracciglia ben delineate, un naso perfettamente dritto, labbra carnose ed una barba fluente creavano una immagine che gli era familiare, quasi fosse stampata sopra la copertina di un libro. Il personaggio misterioso riprese la parola. Avresti fatto bene ad ascoltare con maggiore attenzione i tuoi maestri, e a studiare con più serietà i miei testi. Non fu un caso se mi dedicai tanto alla politica, se cercai la strada perché l'umanità costruisse la città perfetta, dove perfetta era la giustizia. Scrissi che i saggi, ed i giusti, e non gli ambiziosi e gli astuti, dovevano tenere il governo e rendere possibile la convivenza. Se la tua indole ti conducesse al governo,doveva rivelarlo l'educazione ricevuta, ma così non fu, o sbaglio? Quando hai imparato ad esercitare il corpo, quando a ad amare il bello, quando ad elevare l'animo? Quale classe di cittadini doveva accoglierti perché la tua funzione fosse utile alla società? Dove sono la tua temperanza, coraggio e sapienza? Quali individui ti circondano, e dove sono i tuoi amici?
Il Ministro si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore, i fogli tra le mani. Si sentiva febbricitante. La mattina seguente, di buon'ora, la sua segreteria inviò un messaggio augurale alla Scuola che l'attendeva, motivando con un violento attacco influenzale l'impossibilità del politico di presenziare alla cerimonia di apertura dell'anno scolastico
[1] Platone, Gorgia 512b-522e
Tratto da: Maria Colaizzo - “La Scuola Marginale” - Edizioni Millerighe, Napoli 2015