L’intervista di Elisabetta Rosaspina alla Sindaca di Barcellona, pubblicata su La Lettura, inserto domenicale del Corriere della Sera, offre interessanti spunti di riflessione sul governo delle città. L’intervista ci aiuta a capire cosa deve fare il sindaco di una città: è sufficiente seguire l’esempio di Ada Colau, sindaca di Barcellona, eletta nel 2015 e confermata nel 2019. Riportiamo alcuni tratti dell’intervista che mettono in luce come Barcellona sia divenuta, negli ultimi anni una città più “gentile” e magari “più generosa”.
L’intervista illustra con chiarezza e semplicità cosa ha fatto la Colau per Barcellona. Colau afferma che il governo locale ha un ruolo primario per riavvicinare la politica ai cittadini; occorre rivitalizzare i quartieri e promuovere la solidarietà sociale; i servizi essenziali devono essere raggiungibili in un quarto d’ora; l’edilizia non deve escludere i più deboli. Principi semplici, ma difficili a farsi ed invece, a quanto pare, la Colau ci è riuscita.
A Barcellona si è puntato molto sul fattore umano. E il business viene (molto) dopo. Non poteva essere diversamente per la Colau, visto il suo curriculum: reduce dai movimenti di opposizione agli sfratti, ai privilegi della classe politica, alla corruzione, ai sacrifici imposti alla popolazione per fronteggiare la crisi del 2008.
Afferma la Colau: “dopo la pandemia le metropoli sono diventate uno spazio dove ci si sente più soli, isolati, sofferenti per il cambiamento climatico”. “Pensiamo alla città <dei 15 minuti> dove tutti i servizi pubblici ed essenziali sono nel raggio di un quarto d’ora. Ma non basta ridurre il traffico automobilistico o curare il verde per ridurre l’inquinamento. Ogni quartiere deve avere il proprio spazio pubblico di convivialità, i propri negozi. Laddove esiste un commercio di prossimità si è resistito meglio, durante la pandemia, rispetto al centro che, svuotato del turismo, ha sofferto di più…c’è anche la polizia di quartiere che può monitorare meglio la coesione sociale e prevenire possibili conflitti, oltre a situazioni di insicurezza”
“Barcellona è l’amministrazione pubblica che sta facendo più politica abitativa in Spagna” continua la Colau. “Abbiamo migliaia di appartamenti sociali, collaboriamo con cooperative ed abbiamo un inedito servizio di mediazione per evitare gli sfratti da parte delle banche. Ma le misure emergenziali non bastano. Vogliamo responsabilizzare il mercato immobiliare privato, evitare la creazione di ghetti come avviene quando si concentrano tutte le case popolari in periferia. Vogliamo il mix sociale dei quartieri. Ora concediamo le licenze edilizie solo a chi accetta la normativa”
Alla domanda: “Lascerà la guida del municipio di Barcellona allo scadere del suo secondo mandato per darsi alla politica nazionale?”. La Colau risponde: Nessun salto alla politica nazionale. Resto fedele al mio impegno con Barcellona dopo tanti anni di lavoro nelle politiche sociali ed abitative. Non ho ancora deciso se presentarmi per un terzo mandato. Ma in nessun caso mi candiderò ad un governo nazionale o regionale. Per me la politica locale non è una politica minore. Per me Barcellona è il massimo”.
Insomma, non c’è che dire: una donna, una sindaca da cui prendere esempio; non a caso è stata scelta dalla “Fondazione Feltrinelli” in Italia, per un ciclo di conferenze da tenersi nelle città dove si andrà al voto. Barcellona dunque un modello da seguire? Forse si. Forse più che il modello è interessante la persona, la donna che ha prodotto tali risultati lusinghieri. Questa volta più che ai modelli organizzativi (prima o poi si trovano) va posta attenzione. alla qualità delle persone. Certamente, anche tra noi, in Italia, esistono persone che hanno storie di vita, caratteristiche etiche simili a quelle messe in campo dalla Colau: opposizione agli sfratti dei più poveri, lotta ai privilegi della classe politica e alla corruzione, capacità di operare per il bene comune e non solo per il proprio interesse personale.