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Riprendiamo da Jacobin Italia (rivista senza padroni, senza finanziamenti, pubblicata da un editore indipendente) un interessante intervista a Noam Chomsky, uno dei più importanti intellettuali viventi e ad Alexandria Ocasio-Cortez, giovane deputata USA. Un confronto tra generazioni per tentare di “Pensare l’impensabile” (NdR)

 

Pensare l’impensabile

 

A 93 anni, Noam Chomsky è uno dei più importanti intellettuali viventi. A 32 anni, Alexandria Ocasio-Cortez è una delle principali deputate della sinistra Usa. Qui discutono del fatto che si può vincere e scoprire un altro mondo possibile

 

Ci troviamo in un momento della storia statunitense in cui tutte le previsioni di lungo periodo sui mercati e sul sistema politico, persino sul nostro rapporto tra di noi e con la natura, sembrano perdere colpi. I produttori di consenso non sembrano più avere il controllo sulle persone comuni. Per discutere del nostro nuovo ambiente, la scrittrice e giornalista Laura Flanders ha incontrato Noam Chomsky e Alexandria Ocasio-Cortez. Quella che segue è la trascrizione della loro conversazione.

Credo che questa sia la prima volta che vi incontrate. C’è qualcosa che volete dirvi l’un l’altra?

NC: Ho ammirato molto quello che hai fatto, Alexandria, e ti seguo da vicino. Quindi è un vero piacere essere qui con te.

AOC: Lo stesso per me, è un onore e un punto di arrivo poter interagire con l’unico e solo professor Chomsky.

Noam, io e te discutiamo di tanto in tanto da circa trent’anni. Periodo durante il quale negli Usa è andata componendosi, come dici tu, una lunga lista di cose impensabili. Eppure di recente ho letto sul quotidiano per antonomasia, il New York Times, che i lavoratori hanno un potere reale, che l’economia potrebbe aver bisogno di una sorta di pianificazione e che, forse, lasciare tante cose in mano ai mercati non è l’idea migliore, soprattutto quando si tratta di ambiente e assistenza sanitaria. Qualcosa sta cambiando? E a proposito delle cose «impensabili», cosa è cambiato secondo te?

NC: Dovremmo, prima di tutto, riconoscere che abbiamo vissuto circa quarantacinque anni in un sistema politico socioeconomico ben preciso, il neoliberismo. Alcuni pensano che «neoliberismo» significhi una società completamente in mano al mercato. Ma non è mai stato così. Quello che abbiamo avuto per quarantacinque anni è ciò che tanti economisti hanno chiamato «economia di salvataggio di mercato». Ecco dunque le ovvie conseguenze, crisi finanziaria dopo crisi finanziaria. E ogni volta che accade, c’è un salvataggio finanziato dai contribuenti. L’accordo Tarp [Troubled Assets Relief Program] sotto George W. Bush, per esempio, conteneva due elementi. Uno consisteva nel salvare gli autori della crisi: le persone che concedevano prestiti predatori. L’altro nel fornire sostegno alle vittime della crisi, persone che avevano perso la casa, il lavoro. Puoi indovinare quale dei due è stato messo in pratica sul serio.

Noam, anni fa non potevi nemmeno pronunciare la parola «neoliberismo», figuriamoci «socialismo». Non parlavamo di sistemi in relazione alla nostra economia. Oggi lo facciamo.

NC: Lo facevamo anche sessanta, settant’anni fa. Dwight D. Eisenhower, che non aveva la fama di essere un fiammeggiante liberal, diceva che chiunque non accettava le politiche del New Deal, chiunque non credeva che i lavoratori avessero il diritto di organizzarsi liberamente senza repressione, non era parte del nostro sistema politico. Erano gli anni Cinquanta. È cambiato un po’ con Jimmy Carter, poi tutto è saltato con Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Da allora, abbiamo vissuto nel sistema che hai descritto, una guerra di classe unilaterale: mercato per i poveri, protezione per i ricchi.

Arrivo da te su questo punto, Alexandria. Ti ho intervistato quando eri candidata, in occasione di un programma sui giovani in politica. Ricordo con dispiacere che anche io, un’ottimista convinta, conclusi quell’intervista dicendo: «Ma se non vinci questa volta, correrai di nuovo?». Pensavo fosse probabile che tu non avresti vinto contro il potente Joe Crowley quella prima volta, ma è successo, e non sei la sola. È saltata una diga, secondo te?

AOC: Penso che un argine abbia ceduto, nella politica elettorale ma anche nell’organizzazione al di fuori del nostro sistema elettorale, come stiamo vedendo con gli scioperi, su una scala che non si vedeva da molti anni. È un po’ una situazione da «il re nudo» per il nostro sistema politico e per il sistema capitalista. La gente sta cominciando a rendersi conto che possiamo dare un nome a questi sistemi e descriverli, che l’acqua in cui le persone hanno nuotato in realtà ha un nome e che ci sono modi alternativi di fare le cose. Dopo che ho vinto, c’è stato un tentativo così grande e concertato da parte dei media di ridimensionare la mia vittoria come un colpo di fortuna. L’allora governatore di New York Andrew Cuomo disse, pochi giorni dopo, che si trattava di un incidente. Tutti i principali funzionari eletti e membri del Partito democratico cercavano di rimuovere quello che era successo. Ma non lo hanno fermato. Se la mia fosse stata una vittoria isolata avrebbero avuto altri argomenti. Ma semplicemente non è andata così. Abbiamo visto l’elezione di altre persone che nominavano i sistemi e parlavano di quelli che in precedenza erano tabù politici: l’elezione di gente come Ilhan Omar, Rashida Tlaib, Ayanna Pressley. E il ciclo successivo con Cori Bush, Jamaal Bowman e Mondaire Jones. Sembra che ci sia una crepa. Stiamo iniziando a vederla con le persone che riconoscono il potere di astenersi dal lavoro o di scendere in piazza.

Noam, cosa ne pensi? Quando AOC è stata eletta la deputata, l’hai definita «spettacolare» e «significativa».

NC: Molto. È un segno che la guerra di classe unilaterale degli ultimi quarant’anni sta diventando bilaterale. La popolazione sta iniziando a partecipare invece di accettare i colpi di mannaia. Vale la pena di ricordare che Reagan e Thatcher hanno capito entrambi che quando si lancia un attacco importante ai lavoratori, è necessario eliminare le loro difese. È stato fatto in molti modi. Le prime mosse di Reagan e Thatcher furono di attaccare duramente il movimento operaio con mezzi illegali e aprire la porta al settore aziendale per fare lo stesso. Significa eliminare il sistema principale con cui le persone possono difendersi. Il mondo del lavoro è sempre stato in prima linea nella difesa della popolazione. Ora stiamo vivendo un’enorme ondata di scioperi, in cui i lavoratori e le lavoratrici dicono: «Non torneremo a lavori marci e oppressivi, alle condizioni precarie e corrotte, senza assistenza sanitaria…». Non lo accetteranno. Nell’economia attuale, questo è un fattore importante.

Lo stiamo vedendo nel settore sanitario. Deputata, cosa vedi su quel fronte?

AOC: Quando parliamo di sistemi che vengono chiamati con il loro nome, non si tratta solo di critiche esplicite al capitalismo, ma anche di critiche dirette alla supremazia bianca, intesa non solo in quanto circoli razzisti con gente che indossa cappucci, ma come un sistema che ha interagito con lo sviluppo degli Stati uniti. Gran parte di questa forza lavoro essenziale è costituita da donne e donne non bianche, che si tratti di lavoratrici di fast food o infermiere o professioniste dell’assistenza all’infanzia e dell’insegnamento. Direi che ciò che la classe capitalista chiama carenza di manodopera è in realtà una carenza di lavoro dignitoso, con una concentrazione schiacciante di persone della classe operaia, una classe multirazziale, ma anche di mansioni coperte da donne e donne non bianche.

Noam, quando ho iniziato a parlare con te all’inizio degli anni Novanta, c’è stata una reazione miserabile e aspra, anche a sinistra, contro quella che è stata liquidata come fastidiosa identity politics. Ora la gente accetta questa dimensione, come ha appena detto la deputata: se non affrontiamo la supremazia maschile bianca, non raggiungeremo i cambiamenti di cui abbiamo bisogno. Sei d’accordo? C’è stato un cambiamento su quel fronte?

NC: Dovremmo riconoscere che la supremazia maschile bianca è una corrente profonda nella storia americana. Non se ne andrà da un momento all’altro. Ma ha subito dei colpi, significativi. Quindi, per esempio, anche nel mainstream, se oggi il New York Times ha creato il Project 1619 [un progetto giornalistico che ricostruisce la storia degli Usa in base a razzismo e schiavismo, NdT], ciò non sarebbe potuto accadere un paio di anni prima. Ed è a causa dei cambiamenti nella coscienza e nella consapevolezza generali. Certo, c’è stato un contraccolpo immediato, e te lo aspetteresti: la supremazia maschile bianca è parte profonda della storia e della cultura statunitense. Quindi estirparla non sarà facile.

Entrambi siete molto concentrati sulla lotta per la sopravvivenza della razza umana sul pianeta. AOC, il tuo primo atto legislativo è stata la risoluzione del Green New Deal. Siamo già da qualche anno in quel decennio. Noam, il tuo ultimo libro si intitola Precipizio. Siamo ancora a un punto in cui possiamo evitare di superare quel precipizio? È troppo tardi?

NC: Si sta avvicinando. Devo dire che la risoluzione recentemente reintrodotta dalla deputata Alexandria Ocasio-Cortez è assolutamente essenziale per la sopravvivenza. Mi piacerebbe davvero sapere quali sono secondo te le prospettive per andare avanti. O si applicherà una misura del genere o saremo condannati. È semplice. Abbiamo ancora tempo, ma non molto. Più ritardiamo, più diventa difficile. Se avessimo cominciato a fare i passi necessari dieci anni fa, sarebbe stato molto più facile. Se non fossimo stati l’unico paese a rifiutare il Protocollo di Kyoto nei primi anni Novanta, sarebbe stato molto più facile. Più aspettiamo, più diventa difficile.

AOC, quali sono le possibilità di ottenere un vero cambiamento? Voglio dire «nella nostra vita», ma in realtà ne abbiamo bisogno molto, molto prima.

AOC: Ciò che è incredibilmente incoraggiante è la massiccia adesione a questo progetto. Una volta che è stato rilasciato e presentato alla Camera e reso pubblicamente disponibile, abbiamo iniziato a vedere movimenti negli Stati uniti – che non erano coperti dai media – nei comuni e negli stati in tutto il paese che hanno iniziato ad adottare questi obiettivi a livello municipale: la città di Los Angeles, lo ha introdotto il consiglio comunale di Austin, lo stato del Maine, New York City. E allora hanno iniziato a perseguire obiettivi più aggressivi, senza attendere un’azione legislativa federale. Ma non possiamo sottovalutare ciò contro cui ci stiamo opponendo. Gran parte del Congresso è catturato da grandi quantità di denaro, denaro nero, Wall Street e interessi speciali. Tuttavia, è importante comprendere che i nostri sistemi e le nostre vie d’azione non si limitano solo al momento elettorale. Quando ci misuriamo coi limiti dell’elettoralismo, riattiviamo le nostre capacità al di fuori del nostro sistema elettorale, che si tratti di scioperare o di altri tipi di azioni, perché c’è un livello di azione collettiva che diventa difficile per il governo ignorare: inizia a minacciare la loro legittimità.

Noam, da dove viene quel cambiamento radicale, vista la cattura del Congresso che ha descritto la deputata?

NC: Viene da dove è sempre venuto – la popolazione – dalle vittime, la parte della guerra di classe che è stata oppressa. È molto interessante quello che sta succedendo. Prendi il senatore della Virginia Occidentale Joe Manchin, il principale beneficiario di finanziamenti per i combustibili fossili, che ostacola il progresso sul cambiamento climatico e molte altre cose. La sua posizione è sostanzialmente quella di ExxonMobil. Usa queste parole: nessuna eliminazione, solo innovazione. Questo si chiama greenwashing: continuare a riversare combustibili fossili nell’atmosfera e sperare che forse un giorno qualcuno troverà un modo per sbarazzarsi di alcuni veleni. Bene, dai un’occhiata alla gente del West Virginia. United Mine Workers ha recentemente accettato un programma di transizione, che diminuirà le attività minerarie nella Virginia Occidentale dalle attività distruttive [dell’estrazione del carbone] e punterà su energie rinnovabili, posti di lavoro migliori, comunità migliori. Molti si stanno muovendo in questa direzione. Non è una grande sorpresa.

AOC, questo deve essere uno di quei momenti in cui è difficile essere un’attivista e al tempo stesso essere al governo. Dev’essere difficile stare al Congresso. Al Congresso, devi fare cose che ti consentano di essere ancora eletta, e i cambiamenti di cui stiamo parlando richiedono molto tempo.

AOC: La vita quotidiana di una persona che è consapevole di questi meccanismi è sottoposta a una contraddizione fortissima. Pure se disprezzi per il modo in cui funzionano molti di questi sistemi, devi operare al loro interno. Una delle cose intrinsecamente contraddittorie è che gran parte del nostro attivismo comporta non un rifiuto del meccanismo elettorale, ma la rivendicazione che il voto da solo sia insufficiente, che ci sia un’esigenza di organizzazione e mobilitazione che vada oltre le elezioni e oltre il nostro sistema. La politica elettorale è una parte di questa mobilitazione più ampia. Non è la sintesi. Come funzionario eletto, capisco che gran parte di ciò che accade al Congresso è il risultato di un’enorme quantità di mobilitazione e di pressione prima che la legislazione raggiunga l’aula della Camera. E, infatti, ciò che arriva in aula alla Camera è frutto della mobilitazione esterna. Che si tratti di mobilitazione di capitali o di mobilitazione di persone.

Di recente hai raccontato di essere scoppiata letteralmente in lacrime durante una seduta in cui hai votato un disegno di legge che avrebbe concesso più armi a Israele. Puoi parlare di quel momento?

AOC: Il mio compito è essere affidabile e considerata responsabile dalle comunità che rappresento. È molto difficile discutere pubblicamente del costo e del peso umano nel trovarsi in una posizione del genere. E, sai, specialmente, negli spazi digitali e nei mass media, la riduzione delle persone al loro lavoro o alle loro posizioni è abbastanza normale. Ma le minacce alle nostre vite sono molto, molto reali. E nel corso degli eventi di quella settimana, mentre discutevamo il bilancio, la leadership del Partito democratico ha tentato di inserire nella legge altri 12 miliardi di dollari per il sistema di difesa missilistica Iron Dome di Israele, una risoluzione il cui intento era continuare a finanziare le nostre operazioni. Hanno tentato di introdurre fondi aggiuntivi. Così ho lavorato insieme a molti altri per cancellare quei fondi. Abbiamo poi assistito a una mobilitazione mediatica molto militante che, a mio avviso, ha iniziato a estendersi ben oltre la normale retorica dei mass media anti-palestinesi fino a una retorica che minacciava direttamente le vite dei membri del Congresso. In effetti, anche Haaretz, un giornale israeliano presunto «progressista», ha pubblicato un ritratto incredibilmente razzista di me e altri membri del Congresso che impugnavano razzi di Hamas e puntavano il fuoco su Gerusalemme. Posso rivelarlo ora, ma non potevo allora: mi è stato assegnato un veicolo blindato perché c’era una minaccia credibile estremamente grave che era stata intercettata. Prendi tutto questo e combinalo con il fatto che, dopo aver cancellato quel finanziamento, la leadership democratica ha deciso di mettere al voto tutto il testo, la stessa settimana in cui stavamo votando la legge sull’autorizzazione della difesa nazionale. Hanno deciso di lanciare una narrazione incredibilmente fuorviante, dicendo che si trattava del finanziamento per l’Iron Dome, il che era una bugia. Era una voce supplementare al finanziamento completo che il Congresso aveva già autorizzato. Ciò ha creato una straordinaria quantità di panico nella comunità ebraica Usa che ha subito attacchi antisemiti estremamente mirati, insieme ai nostri fratelli e sorelle della comunità musulmana. Avevano programmato di votare quella mattina e la votazione doveva essere convocata entro un’ora. Ho lavorato molto duramente non solo per votare con coscienza, ma per organizzare la nostra comunità a sostegno di quei voti. È stato un caso in cui la nostra comunità, e io con essa, è stata colta di sorpresa. Le chiamate schiaccianti che abbiamo ricevuto al nostro ufficio erano la conseguenza di questa narrazione fuorviante. Mi sono battuta molto per questo, ma penso anche che nel più ampio schema delle cose, questa sia stata una battaglia in un contesto più largo, in una lotta più ampia per la dignità e i diritti umani dei palestinesi e di tutte le persone.

Noam, i tuoi pensieri?

NC: Sia in questa risposta che nella precedente, AOC parla del rapporto tra mobilitazione e azione politica al Congresso. Come ha sottolineato, la parte principale della politica è costituita da attivismo e mobilitazione. La mobilitazione su questo finanziamento è stata interessante. Per il Congresso riguardava l’Iron Dome, e ci sono state dichiarazioni molto eloquenti da parte di persone al Congresso [che chiedevano] come possiamo togliere la difesa alle persone che si trovano sotto minaccia? Qualcuno si è alzato e ha detto, che ne dici di una difesa per le persone che vengono attaccate? Le persone che vengono attaccate sono in una prigione, una prigione a cielo aperto, a Gaza: due milioni di persone, un milione di bambini, sotto attacco feroce, attacco costante. Questo caso particolare è stato solo un’escalation dell’attacco che avviene ogni giorno con le armi americane, armi tecnologiche. Sono al punto da non avere letteralmente l’acqua da bere. I bambini a Gaza muoiono perché non possono bere acqua. I sistemi fognari sono distrutti. Il sistema di potere è stato distrutto: attacchi costanti, assedio, impossibilità di muoversi. Che ne dite di una difesa da tutto questo?

Non voglio concentrarmi esclusivamente su di voi come individui, ma l’altra cosa che ho sentito nel racconto della deputata riguardava il livello di attacchi al vetriolo, al punto da sentire che la propria vita è in pericolo. Tu, Noam, sei un ottimo esempio di sopravvissuto a decenni di attacchi. Puoi parlarne?

NC: Potrei raccontarti una lunga storia sulla necessità di avere la protezione della polizia, anche nel mio campus, ma non è importante. C’è una grande passione nel difendere i carnefici dalle ritorsioni che subiscono, ma non una parola sulla difesa delle vittime. È molto simile al sistema di mercato di cui parlavamo prima: difendi i mercati per i poveri, non per i ricchi. I ricchi devono essere protetti dalle devastazioni del mercato. Tornando al punto più importante: l’interazione tra movimenti sociali e l’azione politica al Congresso. Come ha sottolineato AOC, la parte principale della politica è l’attivismo e la mobilitazione. Quello che accade al Congresso è un riflesso negativo, ma è un riflesso. Il Movimento Sunrise è in prima linea nell’attivismo sul clima. Sono arrivati alla disobbedienza civile, occupando gli uffici del Congresso, occupando l’ufficio di Nancy Pelosi, chiedendo un cambiamento altrimenti sarebbero stati sgomberati dalla polizia del Campidoglio. Non è accaduto questa volta, perché una persona del Congresso si è unita a loro, AOC è arrivata e si è unita a loro. Questo è ciò che ha portato al programma climatico di Joe Biden. Non è eccezionale, ma è meglio di qualsiasi altra cosa fatta prima. Questo è un caso emblematico. AOC stava facendo attivismo popolare. Questa è una vecchia lezione che dovremmo imparare.

AOC, l’azione che Noam ha appena descritto è avvenuta subito dopo la tua vittoria elettorale. A volte hai detto che parte del tuo lavoro è mantenere quel senso di outsider e di freschezza a Washington. Come diresti che stai andando su quel fronte? E qual è la tua visione dell’agenda progressista sia rispetto ai temi interni che a quelli di politica estera? Quali sono le tue priorità?

AOC: Una delle cose che stiamo cercando di capire è come si passa dall’agire in un partito di opposizione sotto un’amministrazione neofascista ad agire essenzialmente come minoranza all’interno di un partito di governo. Come gestisci le tensioni all’interno dell’attivismo e come espandi il potere e il potenziale di mobilitazione sotto questi due diversi regimi? Una delle cose in cui abbiamo avuto successo è stata la recente resa dei conti al Congresso sul Reconciliation Bill e la lotta per le infrastrutture, perché, storicamente, il Caucus progressista al Congresso è stato sostanzialmente disarmato. È stato più un club sociale che un caucus politico in grado di esercitare potere reale. A causa di quella dinamica, questa ala corporativa neoliberista e conservatrice del partito ha dettato l’agenda del Partito democratico, essenzialmente senza alcun tipo di resistenza interna per un periodo di tempo molto lungo, tranne per una manciata di persone che non avevano i numeri dalla loro parte. Ma abbiamo vissuto un evento trasformativo nella storia del Caucus progressista all’interno del Congresso, dove, per i primi due anni in cui sono stata in carica, eravamo essenzialmente io e altre tre donne. Forse potremmo prenderne altri cinque e avere… dieci persone nell’ultimo Congresso per poter rompere con il partito. In questo ultimo conflitto, il Caucus progressista, che è di novantacinque membri sui 218 necessari per approvare qualsiasi legge, si è rivitalizzato. Erano disposti a ritirare i loro voti per garantire che il pacchetto con il maggior numero di benefici per la maggioranza della gente – dal lavoro all’assistenza sanitaria, assistenza all’infanzia e protezioni educative al clima – avesse la priorità. Penso che sia stato uno shock per il partito. È stato uno shock per i mass media. Non sapevano come raccontarlo. Molti di loro continuano a provare ad adottare questa stanca narrativa secondo cui ci sono una manciata di progressisti piantagrane nel partito. Ma il fatto è che è l’ala molto pro-corporation – una manciata di persone – sta facendo ostruzionismo. Penso che sia un evento di svolta. Vedremo se il Caucus progressista coglierà questo esercizio di partecipazione a favore di lavoratori e lavoratrici e alla sua strategia per il futuro. È talmente importante che diciamo alle persone della classe operaia: «Hai più potere di quanto pensi di avere. Lo sciopero del tuo lavoro essenziale ha un impatto maggiore di quanto pensi». E penso che a volte anche i membri del Congresso diano per scontato il proprio potere, perché gran parte di ciò che accade sembra essere un capriccio delle grandi forze sociali del capitale, di Wall Street, della leadership del partito. I membri della base del Partito democratico a volte dimenticano il proprio potere. E l’hanno scoperto in un modo che non credo molti abbiano provato prima.

Abbiamo sentito spesso la frase «Un altro mondo è possibile». In questo programma cerchiamo di parlare concretamente dei momenti in cui quell’altro mondo ci sembra non solo possibile ma palpabile. Qualcuno che hai incontrato, qualcosa che hai fatto, qualcosa di cui sei stato testimone o in cui sei stato coinvolto, qualcosa che ti ha dato la sensazione che questi enormi cambiamenti di cui stiamo parlando possano accadere, forse stanno accadendo. Noam, cosa ti porta a pensare che possiamo arrivarci?

NC: È iniziato negli anni Trenta. Sono abbastanza grande per ricordarmelo. La mia famiglia era composta da immigrati di prima generazione, della classe operaia, per lo più disoccupati, ma pieni di speranza. Non era come adesso in termini assoluti – era molto peggio di adesso – e in termini psicologici era molto diverso. C’era la sensazione che stessimo lavorando insieme. Possiamo uscire da condizioni pessime, ma stiamo insieme. Abbiamo la capacità. Abbiamo azioni sindacali, organizzazioni politiche, abbiamo i nostri gruppi, associazioni che lavorano con un’amministrazione un po’ solidale. Possiamo unirci e combattere per uscire da questa condizione. E avevano ragione. Prendiamo questo esempio: intorno al 1960, un paio di ragazzini neri sedevano a un bancone della mensa a Greensboro, nella Carolina del Nord, a un bancone di una mensa segregata. Ovviamente sono stati immediatamente arrestati e cacciati. Poteva finire qui. Ma il giorno dopo, un altro paio di ragazzi è tornato. Ben presto, ci sono state persone che venivano dal nord a unirsi a loro. Ben presto, ci sono stati lavoratori del Comitato di coordinamento nonviolento studentesco che guidavano autobus per la libertà attraverso il sud, cercando di incoraggiare un contadino nero a prendere la vita nelle sue mani e andare a registrarsi per votare. In poco tempo, si è creato un enorme movimento. Sono sempre le persone che fanno accadere le cose. Dovremmo onorare le innumerevoli persone sconosciute; sono loro che ispirano. Sono quelli che dovremmo onorare e rispettare.

AOC: È una trasformazione della nostra comprensione di come accade la storia, di come avviene il cambiamento: [fatto da] da un numero di individui notevoli che negoziano per conto di tutti gli altri, alla rappresentazione più accurata della storia, che riguarda la mobilitazione di massa. Tutto questo è spesso cancellato e sottovalutato, proprio a causa del fatto che è potente ed efficace. Arundhati Roy ha scritto che un altro mondo non solo è possibile, è già qui. Trovare le forme in cui questo mondo è vivo è ciò che mi dà speranza. Il Bronx ha uno dei tassi pro-capite di cooperative di lavoro più alti al mondo. È una nuova economia nel nostro distretto in cui vivono milioni di persone. Che sia questo, che si tratti di discussioni sull’incarcerazione di massa, degli abolizionisti. Non si tratta solo chiedersi cosa significhi smantellare una prigione, ma cosa significa riorganizzare la società in modo che non ci siano persone impegnate in comportamenti antisociali come accade oggi, o che non abbiamo sistemi antisociali. Queste non sono solo conversazioni teoriche; ci sono comunità che stanno attivamente sperimentando e sviluppando soluzioni. Anche nel Bronx, abbiamo programmi di intervento antiviolenza, dove abbiamo preso persone che una volta erano incarcerate e sono pagate per fare da tutor a giovani che rischiano di commettere un crimine che li mette in un sistema che li incarcera per la vita. E abbiamo ridotto la violenza di oltre il 50%. È più efficace di qualsiasi intervento della polizia di cui siamo a conoscenza. Quello su cui lavoro non è «Come troviamo soluzioni» ma «Come possiamo modulare le soluzioni che abbiamo già sviluppato per trasformare la nostra società?». E questo è il tipo di lavoro che rompe il cinismo. Il cinismo è un nemico della sinistra molto più grande di tanti altri perché è lo strumento che ci viene dato per farci del male. La speranza crea azione e l’azione crea speranza. Così possiamo andare avanti.

 

 

Alexandria Ocasio-CortezNoam ChomskyLaura Flanders  tratto da Jacobin Italia del 20 Dicembre 202

 

*Alexandria Ocasio-Cortez è la rappresentante alla Camera del 14° distretto congressuale di New York. Noam Chomsky è professore emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology. Laura Flanders conduce The Laura Flanders Show.