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O maggio a Goliarda Sapienza

Goliarda Sapienza nasce a Catania il 10 maggio 1924. Il padre e la madre si conoscono quando, entrambi quarantenni e vedovi hanno tre figli l’uno e sette figli l’altra. Le doti artistiche di attrice, ballerina cantante e affabulatrice della parola emergono fin da adolescente, in cui ai successi di enfant prodige si alterna una salute precaria e l’insorgenza di malattie lunghe e gravi, come la difterite e la tbc. Nel 1943 si trasferisce con la madre a Roma dove frequenta la Compagnia d’Arte drammatica. Non si diploma e forma una compagnia teatrale d’avanguardia insieme ad altri ex studenti contestatori. Diviene in seguito scrittrice. Nel 1962 e nel 1964 tenta due volte il suicidio. Dal coma che ne consegue esce trasformata e, rinata, si apre alla ricchezza umana e scrive “L’arte della Gioia” Muore a Gaeta il 30 agosto 1996, scrittrice senza fama, ex attrice del neorealismo italiano. Ma è oggi riconosciuta tra le maggiori autrici letterarie italiane del novecento. (tratto da Enciclopedia delle donne.it)

 

 

Frasi di Goliarda Sapienza (tratte da Rinascita della Letteratura – 28 luglio 2018)

“Fra venti, trentanni non accusate l’uomo quando vi troverete a piangere nei pochi metri di una stanzetta con le mani mangiate dalla varecchina. Non è l’uomo che vi ha tradite, ma queste donne ex schiave che hanno volutamente dimenticato la loro schiavitù e, rinnegandovi, si affiancano agli uomini nei vari poteri…Attente voi privilegiate dalla cultura e dalla libertà a non seguire l’esempio di queste negre perfettamente allineate…per voi si preparano anni di cupo esercizio mascolino nel legare alla catena di montaggio le più povere, e l’atroce notte dell’efficienza a tutti i costi. E tra venti anni di questo esercizio vi troverete chiuse in gesti e pensieri distorti”

 

“E decisi da quel giorno avrei sempre ricordato tutto del passato – le cose belle e le brutte – per averlo presente e per prevenire almeno gli errori già fatti”

 

“Ma bisognava essere liberi, approfittare di ogni attimo, sperimentare ogni passo di quella passeggiata che chiamiamo vita. Liberi di osservare, di studiare, di guardare fuori dalla finestra, di spiare fra quel bosco di palazzi ogni luce che dal mare s’insinua tra le imposte..”

 

“Il male sta nelle parole che la tradizione ha volute assolute, nei significati snaturati che le parole continuano a rivestire. Mentiva la parola morte, esattamente come mentiva la parola amore.  Mentivano molte parole, mentivano quasi tutte. Ecco cosa dovevo fare: studiare le parole esattamente come si studiano le piante, gli animali. E poi ripulirle dalla muffa, liberandole dalle incrostazioni di secoli di tradizione, inventarne delle nuove, e soprattutto scartarle per non servirsi più di quelle che l’uso quotidiano adopera con maggior frequenza, le più marce, come: sublime, dovere, tradizione, abnegazione, umiltà, anima, pudore, cuore, eroismo, pietà, sacrificio, sentimento rassegnazione..”