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Lezioni di storia: l’astronomia degli antichi


Quando si parla di antica Grecia e della sua cultura per la maggioranza delle persone l’associazione parte immediata: i Greci erano il popolo che ha inventato i miti, la tragedia, la poesia, la grande letteratura. La cultura greca è una cultura umanistica, fatta di passi di autori letterari che si traducono al liceo classico e che sono chic da citare a cena fra amici per fare bella figura, ma, diciamocelo, sono obsoleti perché non hanno davvero nessun legame con il mondo di oggi e con le grandi conquiste scientifiche e tecnologiche della nostra epoca.

Ecco, no. Se c’è una cosa per cui dobbiamo ringraziare i Greci, oltre che per la loro meravigliosa letteratura, è perché sono stati loro a gettare le basi della nostra cultura scientifica. E non solo perché ancor oggi le basi della matematica sono greche (euclidee, per essere precisi) ma perché i Greci sono stati gli apripista e i fondatori della fisica e persino della astronomia. Sì, voi che avete provato empiti ci commozione nel vedere le immagini di lontane galassie negli ultimi due giorni, ebbene sappiate che se siamo arrivati fino a lì, a spiare il cosmo, è perché ci sono stati i Greci.

Talete, Pitagora e le leggi del cosmo

I Greci si interessarono di astronomia molto precocemente, anche per influsso dei contatti con i popoli del Medioriente che frequentarono grazie alla fondazione delle loro colonie in Asia.

Il primo grande filosofo greco, Talete, era in realtà un matematico e un astronomo rinomatissimo ai suoi tempi. Non solo ancora oggi si studiano i suoi teoremi (che egli probabilmente raffinò partendo da intuizioni dei matematici egiziani, visto che da giovane aveva abitato a lungo a Naucrati, in Egitto), ma fu il primo a calcolare correttamente il verificarsi di una eclissi, il 28 maggio del 585 a.C. Grazie a queste sue abilità, fu consigliere strategico e militare del re Creso di Lidia, di cui era anche amico personale, almeno fino a quando questi non fu sconfitto dai Persiani e il regno assorbito nell’impero Achemenide.

Dopo la scuola milesia, formata da alcuni discepoli di Talete, che però preferirono dedicarsi alla fisica e alla ricerca dell’archè, cioè del principio fondante di ogni cosa, gli interessi cosmologici furono al centro delle indagini di Pitagora di Samo.

La storia di Pitagora è divertente, perché la cosa per cui è ricordato, cioè il famoso teorema, probabilmente non venne nemmeno scoperta da lui ma dai suoi adepti. Lui infatti era a capo di una sorta di setta politico/filosofica/misterica che riuscì a impadronirsi della potere in alcune città della Magna Grecia, soprattutto a Crotone, loro base operativa. I pitagorici credevano fermamente nei numeri, che consideravano la base della realtà, e ne studiarono le implicazioni. Si interessarono anche di cosmogonia, ipotizzando un cosmo, cioè un universo, formato da dieci pianeti sferici e perfetti che producevano con il loro moto una musica che garantiva l’armonia universale.

Le intuizioni matematiche e astronomiche dei pitagorici furono poi riprese da Platone e dalla sua scuola. Platone si occupò di cosmo e di scienza soprattutto in alcuni dialoghi del suo ultimo periodo, come il Timeo e il Teeteto, in cui vengono affrontati i problemi della natura della conoscenza scientifica e della natura e dell’ordine dell’universo.

Eudosso di Cnido, l’uomo delle stelle

A Cnido Eudosso, seguace di Platone, costruì alla fine della sua vita un vero e proprio osservatorio astronomico per monitorare i moti degli astri. Cnido era da sempre uno dei centri scientifici della Grecia: non solo vi era una famosissima scuola medica, ma anche erano numerosi gli scienziati e i matematici originari dell’isola. Eudosso creò i primi mappamondi astronomici, sviluppò una teoria delle proporzioni che aiutava ad ovviare i problemi nella misurazione dovuti all’uso di numeri esclusivamente interi o razionali, sviluppò anche il metodo di esaustione per calcolare l’area del cerchio, raffinando una formula già proposta dal sofista Antifonte alcuni anni prima.

Scoprì inoltre numerose costellazioni e fu uno dei primi propugnatori del sistema geocentrico. Eudosso infatti propose un modello cosmologico fatto da sfere omocentriche con al centro la Terra. Erano 26 o 27 e consentivano una spiegazione matematica dei moti dei pianeti del sistema solare allora noti.  Le sue teorie furono ulteriormente perfezionate da Autolico di Pitane. Eudosso sarà uno dei precursori del calcolo infinitesimale e riuscirà anche a calcolare con una notevole precisione il meridiano terrestre. Ancor oggi il nome di Eudosso è stato dato a crateri sia sulla Luna che su Marte, per ricordare l’incredibile sviluppo che questo scienziato riuscì a dare all’astronomia.

Euclide, l’uomo della geometria

Fu uno degli allievi più giovani di Platone, Euclide (da non confondere con il filosofo omonimo Euclide di Megara, protagonista del Teeteto), a scrivere l’opera (Gli Elementi) che ancora oggi è alla base della geometria piana, da lui detta euclidea. I principi di Euclide sono cinque, e da essi sono dedotti tutti i postulati e i teoremi della geometria, che serviva anche per calcolare le orbite dei pianeti e le traiettorie dei corpi celesti. A questi in particolare Euclide dedicò un’opera a parte, I Fenomeni, che però era la parte meno originale della sua opera perché si limitava a riproporre in larga parte le intuizioni di Eudosso.

Euclide fu chiamato ad Alessandria, dove lavorò al Museo, ovvero al centro di studio voluto dai re della dinastia dei Tolomei per dare prestigio alla loro corte.

La sua sistemazione assiomatica della matematica fu importantissima anche per lo sviluppo dei calcoli astronomici. Fra l’altro ad Alessandria lavorò a fianco del bibliotecario capo della celebre Biblioteca, anche lui allievo di Platone, che è anche uno dei giganti dell’astronomia antica: Eratostene.

Eratostene, l’uomo che misurava la Terra

Eratostene di Cirene fu un matematico ed astronomo rilevantissimo. Bibliotecario capo di Alessandria, approfondì il metodo trigono-geometrico per calcolare le distanze. Grazie a questo riuscì a calcolare con una ottima approssimazione la distanza fra Alessandria e Siene, deducendo da questa poi la misura della circonferenza terrestre (sbagliò di pochissimo, contando che non poteva sapere che le due città non erano sullo stesso parallelo). Calcolò anche la distanza della Luna dalla Terra e fra la Terra e il Sole. Grazie al cosiddetto “crivello di Eratostene” trovò un metodo per individuare i numeri primi. Creò anche una sfera armillare incredibilmente complessa (una evoluzione di quella di Eudosso) che consentiva la previsione dei moti dei pianeti e il mesolabio, strumento meccanico che consentiva il calcolo delle radici cubiche: in pratica un antenato del calcolatore. Con tutto questo, ebbe anche il tempo di comporre poemi e dedicarsi alla filologia, calcolando le date dei principali eventi della storia greca dalla Guerra di Troia in poi. Come riuscisse a fare tutto è un grande mistero matematico ancora irrisolto.

Aristarco di Samo, l’uomo che precorse Keplero

Aristarco è un genio misconosciuto dell’astronomia. Fu il primo infatti a rendersi conto che il Sole era al centro del sistema solare (allora considerato l’intero universo) e che le stagioni sulla Terra potevano essere spiegate ipotizzando una inclinazione dell’asse terrestre.

Non gli credettero, nonostante i calcoli di Eudosso dimostrassero che la distanza Terra Sole era maggiore di quella che normalmente prendevano in considerazione gli altri astronomi, e che quindi la dimensione del Sole fosse molto maggiore di quella della Terra. Aristarco si rese anche conto che le stelle cosiddette fisse non lo erano affatto, ma erano semplicemente troppo distanti perché il loro movimento fosse visibile a occhio nudo. Quello che giocò contro ad Aristarco fu che Platone, Eudosso e soprattutto Aristotele avessero creduto al geocentrismo, e nella scienza antica, al contrario di quella moderna, il principio di autorità era tutto. Quindi il povero e geniale Aristarco venne dimenticato per secoli, ma oggi sappiamo che aveva ragione.

Ipparco di Nicea, l'inventore del primo astrolabio

Astronomo di Nicea poi trasferitosi a Rodi, fece qui fra il 147 e il 127 a.C. moltissime osservazioni astronomiche. Calcolò in modo ancora più preciso la distanza Terra-Luna ed è considerato il vero fondatore della trigonometria. Calcolò anche la precessione degli equinozi e fu autore di un catalogo di stelle che erano state suddivise in base alla loro grandezza e luminosità per tipologia. Scoprì anche la precessione dell’asse terrestre e fu l’inventore del primo astrolabio, strumento meccanico che facilitava i calcoli astronomici. Avanzò, per primo, sulla base delle sue osservazioni, l’ipotesi che le stelle non fossero fisse ma si muovessero, e potessero anche scomparire.

Claudio Tolomeo, l’uomo che “mise in ordine” il cielo per secoli

Claudio Tolomeo, che è forse il più noto degli astronomi antichi, sbagliò clamorosamente: fu il massimo esponente della teoria geocentrica, da lui poi detta appunto Tolemaica, cioè quella che voleva la Terra al centro dell’universo. Ma lo fece con una tale maestria che il suo sistema rimase un punto di riferimento per secoli. Egiziano di Alessandria, si formò anche lui nella famosa Biblioteca. Visse però, in epoca imperiale e il suo prenome, Claudio, lascia intendere che avesse la cittadinanza romana.

Tolomeo riprese gran parte degli studi degli astronomi precedenti, ma riuscì a sanare alcune aporie del sistema geocentrico inserendo gli epicicli, cioè delle orbite secondarie che servivano a spiegare i moti retrogradi di alcuni pianeti. Con questo sistema era quindi possibile calcolare correttamente eclissi e altri movimenti celesti. La sua opera principale fu il cosiddetto Almagesto, dove riprese e migliorò il catalogo delle stelle di Ipparco e diede coordinate geografiche più precise e circostanziate di tutte le città allora note grazie alla sua cartografia. Scrisse anche trattati matematici, di ottica e di astrologia, che allora era ancora considerata una scienza.

Il suo successo fu tale che fino al Rinascimento il suo “sistema” fu considerato il punto di riferimento per ogni calcolo astronomico. La cosa curiosa è che, essendo matematicamente molto sofisticato, almeno per i calcoli base, funzionava benissimo. Per accorgersi che il cielo non era come l’aveva immaginato Tolomeo (e sulla sua scia tutti gli aristotelici e poi tutti i dotti medievali) bisognerà aspettare Keplero e Galileo. E anche allora sarà una battaglia.

E in tutto ciò, i terrapiattisti?

Bisogna infrangere un mito: nell’antichità classica nessuno ha mai creduto che la Terra fosse piatta. Probabilmente non lo credevano nemmeno prima, perché da quanto si capisce persino babilonesi e assiri erano già consci che il nostro pianeta fosse una sfera. Di certo i Greci da Pitagora in poi ne erano assolutamente convinti.

Per cui dispiace per i terrapiattisti contemporanei, ma se pensano che l’autorità degli antichi suffraghi la loro bislacca convinzione hanno torto.

Gli antichi erano solo antichi. Mica fessi.

 

  Galatea Vaglio – tratto da “Valigia blu” del 17 luglio  22