di Eraldo Affinati
tratto da “Avvenire” del 27 maggio 2023
Il 27 maggio di
cento anni fa nasceva a Firenze, al numero 9 di viale Principe Eugenio (oggi ha
cambiato nome e si chiama viale Antonio Gramsci), Lorenzo Milani, che diventerà
uno dei più grandi sacerdoti del ventesimo secolo. Non solo questo, certo, ma
se non avesse preso i voti al seminario del Cestello in riva all’Arno,
rovesciando come un guanto la tradizione aristocratica da cui proveniva,
diciamolo pure, non sarebbe diventato, nell’ordine: profeta spesso inascoltato,
discusso e contestato, attraversato dall’inquietudine (è una fondamentale
suggestione di papa Francesco che, sei anni fa, pose fine a ogni incomprensione
andando a pregare sulla tomba di Barbiana); insegnante a fondo perduto,
affrancato dalla schiavitù del risultato, tutto dalla parte dei più poveri,
senza mai abbassare l’asticella degli obiettivi da raggiungere, né accettare
l’ugualitarismo indifferenziato di marca sessantottina e, pur sotto mentite
spoglie, sorprendente scrittore (epistolare: nel solco più profondo della
letteratura italiana, se pensiamo a Francesco Petrarca e Ugo Foscolo). Fra le
tante pietre preziose che ci ha lasciato, ricordiamone almeno una, prelevata da "Lettera a una professoressa":
tratto da “Avvenire” del 27 maggio 2023
“Il sapere
serve solo per darlo.
Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale
quando è solo”.