“Conosci
tu il paese dove fioriscono i limoni?”
La
frase “Siehe Neapel und stirb”, che appunto si traduce con “vedi Napoli e poi
muori”, riassume tutta l’essenza dell’amore che Goethe provò per questa città.
Nel suo “Viaggio in Italia, Italienische Reise”, Goethe passa per Napoli due volte ed in entrambi i casi ci lascia una testimonianza del profondo legame con la città e con il suo popolo.
Goethe percepisce a Napoli un benessere anche fisico, infatti l’umanità che lo circonda gli giova non solo all’anima, la sua tempra teutonica si rigenera prodigiosamente. Egli coglie l’aspetto profondo della vitalità che sopravviene a sé stesso; dice per questo: “a Napoli si deve solo vivere perché è lì che risiede la forza generatrice del pensiero.”
Durante il suo secondo soggiorno a Napoli approfondisce la conoscenza di usi e costumi napoletani,molto pregevole la riflessione sulle differenze tra il nord ed il sud dell’Europa. Nell'osservare il comportamento della gente di strada, delle classi umili e di quelle elevate del napoletano, ma anche rispetto al clima particolarmente favorevole e mite considera:
“Si giungerebbe forse allora a concludere che il cosiddetto lazzarone non è per nulla più infingardo delle altre classi, ma altresì a constatare che tutti, in un certo senso, non lavorano semplicemente per vivere ma piuttosto per godere, e anche quando lavorano vogliono vivere in allegria. Questo spiega molte cose: il fatto che il lavoro manuale nel Sud sia quasi sempre assai più arretrato in confronto al Nord, che le fabbriche scarseggino; che, se si eccettuano avvocati e medici, si trovi poca istruzione in rapporto al gran numero d'abitanti, malgrado gli sforzi compiuti in singoli campi da uomini benemeriti; che nessun pittore napoletano sia mai diventato un capo scuola né sia salito a grandezza; che gli ecclesiastici si adagino con sommo piacere nell'ozio e anche i nobili amino profondere i loro averi soprattutto nei piaceri, nello sfarzo e nella dissipazione.”
A Napoli lo scrittore incontra l’antichità della civiltà, che lo spaesa, è perturbante, facendogli provare qualcosa di lontano ma nello stesso tempo oscuramente familiare,come racconta Marino Niola nel podcast radio RAI “dove fioriscono i limoni: l’Italia di Goethe”. In sostanza Goetheci offre una riflessione antropologica, una vera e propria organizzazione sociale del lavoro, infatti riflette come tutti a Napoli non lavorino semplicemente per vivere ma piuttosto per goderne.
Egli guarda in maniera non convenzionale e pregiudiziale il popolo napoletano, ne coglie l’industriosità e la parsimonia quando vede gli scugnizzi che lui chiama Uroni accovacciarsi sulle pietre di una strada dove un fabbro ha battuto il ferro caldo trasmettendo il calore alle stesse, per godere del tepore che esse emanano e potersi riscaldare un po’.
“Si potrebbero addurre molti altri esempi della premura usata da questo popolo, per trarre profitto di cose, le quali, diversamente operando, anderebbero perdute. Riscontro in questo popolo un’industriosità sommamente viva e accorta, non già per diventare ricco, ma bensì per potere vivere senza affanni”.
Napoli è per Goethe anche “il piacere della novità e sorpresa che acquistano il sapore dell’avventura”, così esordisce nella descrizione (l’unica fatta così attentamente e con un certo turbamentodi una donna incontrata in Italia)della principessina X che incontra in casa Filangieri; ne resta colpito per la naturalezza dei modi che smantella tutti gli stereotipi esistenti sulle nobildonne napoletane, rivelandogli una vivacità di spirito coniugata con una spregiudicatezza che la rende stravagante e maliziosa, mai scandalosa.
“Se io non fossi spinto dall’indole tedesca, e dal desiderio di imparare e di fare più che di godere, preferirei attardarmi ancora per un po’ di tempo in questa scuola della vita facile e lieta e giovarmene più a lungo.”
Il 29 marzo 1787 lascia Napoli alla volta della Sicilia: “Il cielo è limpido e soleggiato e soffia un vento propizio; una volta che uno si sia lanciato nel mondo e sia entrato nel suo giro, deve stare all’erta per non lasciarsi sviare e magari squilibrare. Non posso dire una sillaba di più.”
Nel suo “Viaggio in Italia, Italienische Reise”, Goethe passa per Napoli due volte ed in entrambi i casi ci lascia una testimonianza del profondo legame con la città e con il suo popolo.
Goethe percepisce a Napoli un benessere anche fisico, infatti l’umanità che lo circonda gli giova non solo all’anima, la sua tempra teutonica si rigenera prodigiosamente. Egli coglie l’aspetto profondo della vitalità che sopravviene a sé stesso; dice per questo: “a Napoli si deve solo vivere perché è lì che risiede la forza generatrice del pensiero.”
Durante il suo secondo soggiorno a Napoli approfondisce la conoscenza di usi e costumi napoletani,molto pregevole la riflessione sulle differenze tra il nord ed il sud dell’Europa. Nell'osservare il comportamento della gente di strada, delle classi umili e di quelle elevate del napoletano, ma anche rispetto al clima particolarmente favorevole e mite considera:
“Si giungerebbe forse allora a concludere che il cosiddetto lazzarone non è per nulla più infingardo delle altre classi, ma altresì a constatare che tutti, in un certo senso, non lavorano semplicemente per vivere ma piuttosto per godere, e anche quando lavorano vogliono vivere in allegria. Questo spiega molte cose: il fatto che il lavoro manuale nel Sud sia quasi sempre assai più arretrato in confronto al Nord, che le fabbriche scarseggino; che, se si eccettuano avvocati e medici, si trovi poca istruzione in rapporto al gran numero d'abitanti, malgrado gli sforzi compiuti in singoli campi da uomini benemeriti; che nessun pittore napoletano sia mai diventato un capo scuola né sia salito a grandezza; che gli ecclesiastici si adagino con sommo piacere nell'ozio e anche i nobili amino profondere i loro averi soprattutto nei piaceri, nello sfarzo e nella dissipazione.”
A Napoli lo scrittore incontra l’antichità della civiltà, che lo spaesa, è perturbante, facendogli provare qualcosa di lontano ma nello stesso tempo oscuramente familiare,come racconta Marino Niola nel podcast radio RAI “dove fioriscono i limoni: l’Italia di Goethe”. In sostanza Goetheci offre una riflessione antropologica, una vera e propria organizzazione sociale del lavoro, infatti riflette come tutti a Napoli non lavorino semplicemente per vivere ma piuttosto per goderne.
Egli guarda in maniera non convenzionale e pregiudiziale il popolo napoletano, ne coglie l’industriosità e la parsimonia quando vede gli scugnizzi che lui chiama Uroni accovacciarsi sulle pietre di una strada dove un fabbro ha battuto il ferro caldo trasmettendo il calore alle stesse, per godere del tepore che esse emanano e potersi riscaldare un po’.
“Si potrebbero addurre molti altri esempi della premura usata da questo popolo, per trarre profitto di cose, le quali, diversamente operando, anderebbero perdute. Riscontro in questo popolo un’industriosità sommamente viva e accorta, non già per diventare ricco, ma bensì per potere vivere senza affanni”.
Napoli è per Goethe anche “il piacere della novità e sorpresa che acquistano il sapore dell’avventura”, così esordisce nella descrizione (l’unica fatta così attentamente e con un certo turbamentodi una donna incontrata in Italia)della principessina X che incontra in casa Filangieri; ne resta colpito per la naturalezza dei modi che smantella tutti gli stereotipi esistenti sulle nobildonne napoletane, rivelandogli una vivacità di spirito coniugata con una spregiudicatezza che la rende stravagante e maliziosa, mai scandalosa.
“Se io non fossi spinto dall’indole tedesca, e dal desiderio di imparare e di fare più che di godere, preferirei attardarmi ancora per un po’ di tempo in questa scuola della vita facile e lieta e giovarmene più a lungo.”
Il 29 marzo 1787 lascia Napoli alla volta della Sicilia: “Il cielo è limpido e soleggiato e soffia un vento propizio; una volta che uno si sia lanciato nel mondo e sia entrato nel suo giro, deve stare all’erta per non lasciarsi sviare e magari squilibrare. Non posso dire una sillaba di più.”
Maria Vittoria Montemurro