Armande
sono io! inaugura il dittico teatrale che Ateliersi
dedica a Carla Lonzi – femminista, saggista, critica d’arte ed editrice – e che
si completerà nel 2026 con Taci, anzi parla, lavoro costruito a
partire dagli ampi diari dell’autrice. La prima tappa di questo percorso è la
trasposizione teatrale dell’omonimo volume postumo pubblicato da Scritti di
Rivolta Femminile, Armande sono io!, in cui Lonzi intreccia
autobiografia, pratica femminista, riflessione sul teatro e una ricerca sul
movimento seicentesco delle Preziose, comunità femminile che si afferma in
Francia a metà Seicento e che Molière prende di mira in testi come Les
Précieuses ridicules (1659). In occasione del debutto abbiamo
incontrato le studiose e le artiste che stanno lavorando ai materiali lonziani:
la regista e attrice Fiorenza Menni (FM), le scrittrici Sara De Simone (SDS) e
Caterina Venturini (CV), tutte e tre interpreti e drammaturghe del progetto, e
la storica Lorenza Moretti (LM), consulente alla drammaturgia. Lo spettacolo
debutta il 5 e 6 dicembre alla Sala Mercato di Genova all’interno del Festival
dell’Eccellenza al Femminile (XXI edizione) e si vedrà poi all’Arena del Sole
di Bologna dal 12 al 15 febbraio. Taci, anzi parla! arriverà
invece nell’autunno 2026.
SDS Dal desiderio di un confronto serrato con la scrittura privata e politica di Carla Lonzi. Spesso di figure come Lonzi o Virginia Woolf si parla per slogan, senza conoscerne davvero storia e testi. Per questo abbiamo scelto la sua opera meno nota e più dimenticata, iniziata nel 1979 e pubblicata postuma: un testo in cui Lonzi ingaggia un corpo a corpo con Molière, ritrovando nelle sue commedie Le intellettuali e Le preziose ridicole temi e dinamiche che risuonano con il femminismo, con la sua vita e con le questioni che la attraversavano. Armande, protagonista delle Intellettuali, è la donna che Clitandre aveva corteggiato prima dell’inizio dell’azione, e che poi l’uomo abbandona per la sorella minore Henriette, più disposta a concedergli “privilegi” che Armande non gli accorda. Lo stesso schema – osserva Lonzi – si ripete nella sua biografia: anche il suo primo amore, dopo due anni, le preferì la sorella minore Lidia. Il testo nasce in un momento in cui Lonzi sta affrontando anche la possibile fine della relazione con Pietro Consagra. Dello stesso periodo sono infatti le conversazioni registrate con lo scultore, confluite in Vai pure, recentemente ripubblicato dalla Tartaruga (che sotto la direzione di Claudia Durastanti sta ripubblicando tutte le opere di Lonzi). Da qui siamo partite, interrogando i materiali dalle nostre diverse prospettive.
Cosa accadrà in scena?
FM Abbiamo scelto una forma ibrida tra scena e conferenza. Per me il teatro vive sempre sul confine tra realismo e visionarietà, e la conferenza offre possibilità stilistiche e ritmiche molto interessanti in questo senso. Raccontare l’intreccio tra storia del femminismo e movimento delle Preziose è uno strumento imprescindibile per entrare nel pensiero di Lonzi. In scena, le elaborazioni lonziane si specchiano nelle dinamiche drammaturgiche di Molière: relazioni, sessualità, qualità dei legami. Io interpreto Lonzi in sé, Lonzi nei panni di una Preziosa, la personaggia Armande delle Intellettuali e me stessa. Sara e Caterina portano se stesse e i loro testi critici originali. Lo spettacolo è articolato in cinque scene e si apre con la trasposizione della registrazione in cui Carla racconta ad Anna Piva la genesi della sua ricerca sulle Preziose.
FM Una donna uscita dal mondo dell’arte contemporanea nel momento di massima affermazione come critica e mai più tornata sui suoi passi. Carla Lonzi decide a un certo punto di non rimettere piede in una galleria, e così farà fino alla morte. Anche quando, poco prima della scomparsa, nel 1981 Germano Celant le chiese di scrivere un pezzo di presentazione per il catalogo che accompagnerà la mostra Identité italienne, al Centre Pompidou di Parigi, dove sono presenti alcuni artisti a lei vicini, accoglierà l’invito ma per ribadire ancora più radicalmente il suo punto di vista. Sono altri i territori che, arrivata a quel punto, vuole esplorare.
Perché lascia il mondo dell’arte?
LM Perché, da un lato, vede nella storia dell’arte un discorso costruito da uomini per un pubblico femminile. E perché, dall’altro, per Lonzi, la relazione tra artista e critico è una relazione inautentica: il critico è un “filtro”, pone una barriera, una mediazione, fra il gesto artistico e lo spettatore o la spettatrice dell’opera. Nel ruolo del critico intravede una modalità relazionale tipicamente maschile.
LM È una delle sue prime passioni. Dedica la tesi al rapporto tra arti figurative e scena. In seguito alla prima delusione amorosa lascia Firenze per Parigi, dove incontra gli attori del Théâtre National Populaire. Dopo il rifiuto radicale della cultura maschile negli anni Settanta – Sputiamo su Hegel è un titolo emblematico – all’inizio degli anni Ottanta torna a questo suo interesse con una prospettiva molto cambiata.
SDS In un momento in cui i femminismi si confrontano sempre più spesso col mainstream mi sembrava molto importante tornare ai testi di Lonzi, per restituire il senso della complessità del suo pensiero e delle sue parole. Senza sovrainterpretazioni, senza attualizzazioni, senza spiegazioni, senza difese, senza accuse. Cercare di avere cura del testo, ingaggiando un corpo a corpo vero per confrontarci parola con parola con il suo pensiero, con cui possiamo essere d’accordo ma anche no.
Le foto di prova dello spettacolo sono di Margherita Caprilli.
L’ultima immagine è una foto di Carla Lonzi, per gentile con cessione di Fondazione Lelio e Lisli Basso Onlus–Fondo Carla Lonzi. Elaborazione grafica Diego Segatto.



