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“Insegnare, educare”

La scuola istruisce, quando lo fa,  ma non educa.

È preda di una didattica che non si aggiorna nelle forme e nei contenuti. Gli insegnanti vanno sempre più perdendo il contatto con i giovani. I programmi ministeriali sono vecchi ed obsoleti. Gli insegnanti,  demotivati e malpagati, sono lontani anni luce dall’attualità degli studenti. Due riforme, una di centro sinistra (Berlinguer) e quella più recente, di centro destra (Gelmini) , non hanno sfiorato il problema più importante della scuola italiana: il deficit formativo degli insegnanti. Gli insegnanti continuano ad appellarsi ai programmi ministeriali ed alle discipline curriculari, ma non pensano alla grande responsabilità che hanno, dalla materna alle superiori, nel  formare ed educare  persone. Negli ospedali i medici che lavorano peggio sono quelli che dicono, inermi, che la sanità è politicizzata e non c’è spazio per l’autonoma gestione dei servizi. Nella scuola gli insegnanti che lavorano peggio sono quelli che si trincerano dietro il proprio ruolo e ritengono che i giovani non siano in grado di studiare, applicarsi perché deviati da internet.

Miseria di un ruolo sottostimato e sottopagato. Quanti professori di matematica hanno fatto strage dei loro alunni perché incapaci di misurarsi con loro e confrontarsi con le novità che gli studenti portano in sé. Tutto ciò con buona pace di una minoranza d’insegnanti, secondo alcuni significativa, attenti e consapevoli, pronti a confrontarsi con i  valori dei giovani. Come dice Giuseppe Dejana, nel suo ultimo libro “Istruisce ma non educa” la scuola italiana “fornisce ai giovani nozioni e conoscenze ma non sviluppa in loro la capacità di orientarsi in maniera razionale e pluralistica sui valori morali e civili della vita individuale e di quella pubblica”. Etica individuale e pubblica ma non solo. I giovani sono “su internet”. La scuola dovrebbe investire sulla “rete” invece di demonizzarla. Ed anche in questo caso non è un problema solo di risorse ma principalmente di modelli organizzativi.

A che serve dotare le scuola di una massa di computer, se gli insegnanti non lavorano con gli studenti attraverso prolungamenti virtuali dell’aula, sperimentando modalità didattiche che utilizzino facebook e twitter. Il sistema è complesso e richiede una grande competenza, perciò è necessario formare ed aggiornare gli insegnanti. Non solo sulla tecnica. Si tratta di lavorare alla costruzione di una epistemologia della rete. Ci sono minoranze di insegnanti che stanno investendo in tal senso.  I giovani d’oggi  non sono più  preda delle ideologie, ma certamente sono più attenti alla solidarietà ed al confronto. Spesso anche capaci di tollerare le  sconfitte e le umiliazioni che vengono loro propinate. Quanto lontano appare il vecchio “ribellarsi è giusto”. Questa è la realtà cuo cui occorre confrontarsi. Esser giovane, in sé, non ha un valore positivo e non ha nulla di bello. Ma i giovani sono “vicini all’inizio” in una società di vecchi “vicini alla fine”. Questo è un forte valore positivo intrinseco, biologicamente incontrovertibile, che, da solo, giustifica l’esigenza di attenzione e rispetto nei  confronti  dei giovani. E chi, se non la scuola e gli insegnanti,  deve rispettarli? Non solo premiarli o punirli.

Rocco Maria Landolfi