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Ricette di cucina da Ponza :


Sappiamo tutti che le abitudini alimentari appartengono alla cultura di un popolo.
Oggi, la globalizzazione facilita anche lo scambio di sapori e cibi, ma fino a metà '900 era difficile che i ceti popolari assaporassero alimenti non coltivati sul posto. E' così che si sono formati i "piatti tradizionali" legati ai prodotti caratteristici  delle diverse zone dei nostri territori, che spesso si presentano con leggere variazioni man mano che si sconfina nelle comunità limitrofe.
Le isole sembrano essere più propense a conservare le tradizioni culinarie senza variazioni al loro interno, vista l'assenza della contiguità, ma non è proprio così perché, anche in quelle piccole, ci possono essere sfumature o ricette  più appetitose di altre, a dimostrazione che l'estro culinario  e il gusto sono caratteristiche umane molto diffuse e diversificate.
Guardiamo all'isola di Ponza, dove coloni ischitani e torresi si stanziarono nel '700, svolgendo attività prevalentemente agricole i primi e ittiche i secondi. I due gruppi, collocati a sud-est e a nord-ovest dell'isola, hanno conservato a lungo il diverso accento dialettale, ma hanno dovuto abituarsi ben presto a svolgere contemporaneamente i due lavori di contadini e pescatori perché il territorio era diventato insufficiente a sfamare tutti.
Nelle tradizioni culinarie ponzesi troviamo, quindi, prodotti del mare e della campagna rielaborati secondo i gusti della cucina partenopea a cui afferivano i due gruppi. Ovviamente, in più di due secoli e mezzo, è nato un ricettario ponzese che non è proprio codificabile, appunto per le variazioni, pur se minime,  riscontrabili tra i diversi nuclei familiari.
Intanto vediamo cosa si produceva. Sull'isola, accanto alla vite, si coltivavano lenticchie, cicerchie, fave e piselli, mentre poco diffuso  era il grano poiché il terreno e l'orografia dell'isola non ne consentivano una buona produttività.  Accanto alla produzione dei legumi c'era l'allevamento di capre, polli e conigli che offrivano latte, uova e carne in sostituzione di quella di manzo che era più costosa. E' da questa tradizione contadina che  deriva la prevalenza di ricette di legumi su quelle di paste e del coniglio su quelle di manzo.
Per quanto riguarda il pesce e i molluschi, diversi sono i piatti  legati alle specie pescate nei mari dell'isola, ma prevalgono quelli che riguardano gli zerri (in ponzese i retunni), il merluzzo, il calamaro, la granseola, u rangio fellone.
Un eventuale ricettario non potrebbe trascurare i dolci, anch'essi legati prevalentemente alla produzione agricola. Al di là del classico casatiello dolce e della pizza di pasta con la cannella  del periodo pasquale o delle nocchette, semplici, sempre gradite e presenti in qualsiasi rinfresco, ci sono i dolci legati alla vendemmia come i turtanelle e le mostarde, senza contare i fichi secchi che rallegravano le lunghe serate invernali.

Ecco una particolare ricetta ponzese : il coniglio in casseruola.
Il coniglio allevato naturalmente con erba fresca, ha una carne piuttosto dura e richiede un trattamento di ammorbidimento prima della cottura. La pezzatura migliore è quella di 1 un chilo e mezzo- massimo un chilo e ottocento grammi  ancora  sporco (e sì, si considerava il peso da sporco perché si andava a comprarlo dal contadino che ne pesava diversi ancora vivi per individuare quello dal peso giusto). Naturalmente il coniglio non veniva cucinato subito: una volta pulito, si portava a casa e si lasciava appeso a testa in giù almeno per una nottata. Una volta tagliato a pezzi si metteva a macerare per qualche ora in un battuto di vino (o aceto) e rosmarino, poi si faceva colare , si asciugava e si metteva a rosolare a fuoco vivace in padella.
Tolto dalla padella si lasciava sgocciolare e si preparava nel mortaio un pesto fatto di aglio, rosmarino, peperoncino (poco). Si adagiavano i pezzi di coniglio in una casseruola con poco olio ben caldo  e, una volta ripassati i pezzi, si aggiungeva il pesto con sale, pochi pomodorini freschi  e prezzemolo. Si lavava il mortaio con un po' di vino bianco e si versava nella casseruola. Si lasciava cuocere a fiamma bassa girando frequentemente per non farlo attaccare.


Rosanna Conte