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“Questo quinto contributo, insieme ad altri che verranno pubblicati sul sito madrigaleperlucia, è il frutto di un lavoro svolto da alcuni studenti e studentesse che hanno seguito i corsi di Storia delle filosofie europee (triennale) e di Filosofia e storia delle idee (magistrale), presso il Dipartimento di studi umanistici dell’Università degli studi di Napoli “Federico II” nell’anno accademico 2014-2015. Il corso della triennale è stato dedicato al filosofo scozzese David Hume, quello della magistrale ai filosofi spagnoli Ortega y Gasset e Maria Zambrano. Gli elaborati si concentrano su alcuni concetti chiave del loro pensiero e invitano a una riflessione più ampia con il nostro presente. Ho scelto e proposto la pubblicazione di quelli che mi sono sembrati più significativi nella sezione da me curata”. Stefania Tarantino

La lanterna della storia: speranza e disperazione, sogno e risveglio.
Nella Spagna del Settecento, socialmente arretrata e politicamente reazionaria, i pochi intellettuali aperti alle idee dell’Illuminismo europeo non poterono far altro che vivere e sentire la tragedia di un paese in regresso in una Europa in progresso. Goya fu uno di questi. Così come nel Novecento fu la filosofia Maria Zambrano a interrogarsi su questo intreccio singolare tra tragedia e speranza. Storicamente distanti, il pittore e la filosofa, hanno infatti saputo interpretare con grande sensibilità il tema della storia intesa come dramma. L’uno attraverso il colore e le forme, l’altra attraverso le parole e la scrittura. È possibile così scorgere un filo conduttore che attraversa l’opera pittorica di Goya Los fusilamientos de la Moncloa e l’opera politico-filosofica di Maria Zambrano Persona y Democracia.
A partire dall’analisi del quadro, dal punto di vista iconografico, la scena documenta la repressione spietata dei moti antifrancesi del Maggio 1808. La tela riproduce con un realismo disorientante, che invoglia quasi a coprirsi gli occhi per non vedere, la fucilazione dei patrioti che avevano osato ribellarsi alle truppe francesi, l’epilogo tragico della rivolta madrilena e l’insediamento del governo francese. Al centro della scena, alla schiera di soldati senza volto, posizionati ordinatamente, allineati e fusi insieme a costituire una macchina di morte, si contrappone l’immagine dei patrioti. Nel quadro la storia si sta compiendo. È come se riuscissimo a sentire tutta la rabbia dell’uomo coi pugni chiusi, la disillusione di chi cerca rifugio nella preghiera, la paura di chi cerca di guardare altrove. La storia si sta compiendo in quell’asfissiante spazio tra le baionette francesi e gli sguardi terrorizzati dei condannati, della sfilza di condannati che varcano la soglia della porta della città per andare incontro alla storia. Quello che resta sono i corpi muti e senza vita, caduti nella poltiglia di fango e sangue. Il sacrificio è compiuto. Secondo lo storico e critico d’arte Giulio Carlo Argan, l’eccidio si compie nell’alone giallo dell’enorme lanterna cubica, la luce della storia, in contrasto con il buio di una notte come tutte le altre, con la città dormiente sullo sfondo. La potente luce della lampada si rifrange sul corpo vinto dell’uomo dalla camicia bianca che si lascia trafiggere dalla storia con sguardo lucido. Ed è proprio in questo enigmatico sguardo perso e spaventato, ma lucido e consapevole, che mi è sembrato di scorgere l’eco della filosofia zambraniana.
Mi sembra che questa sorta di uomo vitruviano, inscritto perfettamente nella sua storia individuale e in quella della sua nazione, incarni il concetto di persona descritto dalla Zambrano. La storia è stata sopportata per lungo tempo e con fatica dalla maggior parte degli esseri umani, dalla massa impossibilitata a giocare un ruolo in una storia fatta dai pochi e subita dai molti. Questo è l’incubo che dura dalla notte dei tempi, da cui succede che la massa decida di ribellarsi. Ma la ribellione nasconde sempre il pericolo di riportare la storia ad un punto più basso di quello di partenza. Il risveglio dall’incubo della storia può comportare una repentina caduta nel vuoto, passando dal peso del mostro all’incubo al vuoto in cui ci si trova soli con se stessi, spaventati e confusi. Ecco perché il discorso sulla storia si intreccia a quello del sogno, senza limiti spazio-temporali, in cui la ψυχή non è padroneggiabile e l’uomo è solo spettatore di se stesso. L’unica azione possibile nel sogno è il risveglio, la rinascita dell’uomo come persona, il momento in cui riconosce di essere ciò che era già ma che era assopito nel sonno. Il risveglio personale si accompagna ad un risveglio storico, a una presa di coscienza storica di cui bisogna rendersi degni.
Il se stesso fuori di sé è la coscienza storica che chiede ragione all’anima del suo immobilismo e della sua paralisi di fronte alla storia sentita fino a quel momento come fato, destino. Assistere alla storia significa invece indagarne il significato, sentirla come un problema e, soprattutto, sentire se stessi come attori di questo dramma personale e collettivo, in cui tutti gli eventi sono intrecciati coinvolgendo l’intera comunità di uomini. Mentre per le strade di Madrid le persone si accollano la responsabilità di fare la storia, sullo sfondo dorme la città indifferente, cullata dal Destino. I corpi senza vita sono il risultato del sacrificio senza fine che la storia dei personaggi richiede. Ma, adottando il punto di vista di Maria Zambrano, secondo la quale la storia intera si potrebbe definire come una sorta di aurora ripetuta, mai pienamente riuscita, protesa verso il futuro, ritroviamo, nella luce della lanterna, l’alba della condizione umana. Mi sembra che la speranza sia racchiusa nell’immagine della città sognante, tra la morte e l’alba, nel momento di crisi, laddove la ferita rappresenta l’occasione da cui possa trasparire la luce, da cui possa ogni volta nascere l’essere umano che è un essere in continua gestazione. Tra la luce della lanterna e la morte dei patrioti, qualcosa muore, ma esiste un cuore pulsante sul fondo del dipinto che è rappresentato dalla muta città, luogo in cui può avere luogo il risveglio. 
La storia è fatta di continue oscillazioni tra esplosioni di speranza e cadute nella disperazione. Attraverso la speranza uomini e donne cercano di riempire il vuoto che si cela in esso quando si trovano nudi davanti a sé e al loro passato; è nella speranza che è situata la possibilità stessa della storia. Se l’essere umano fosse pienamente la storia, non ci sarebbe nessuno scarto, non ci sarebbe alcun movimento, ma egli trascende e modifica l’ambiente in cui vive e in tal modo lo determina. Quello che differenzia principalmente l’animale umano da tutti gli altri animali è la possibilità di avere un tempo proprio, uno spazio intimo di sospensione, in cui riflettere e identificarsi con ciò che lo circonda. In questo spazio minimo si compie la storia, lo spazio tra le baionette, l’evento che travolge, e lo sguardo dei patrioti, da cui traspaiono sentimenti ed emozioni. La vita è fuori ma è anche dentro.
Nel dipinto il patriota si trova in uno stadio intermedio tra la veglia vigile davanti alla storia e il sonno senza sogni che lo attende. Si trova nel punto di sospensione più tragico: il momento del crimine. È in questo scarto che l’individuo diventa persona, quando cade la maschera e si svela il significato della tragedia.
D’altra parte, secondo l’analisi zambraniana, per uscire dalla struttura idolatrica della storia occidentale è necessario scavare nel sottosuolo dell’anima e riportare in superficie quel fondo di purezza che è la persona umana. Solo la persona è chiamata a scegliere il modo in cui rapportarsi alla storia: la dialettica attivo-passivo lascia il posto al senso più profondo della ricettività attività. Questa è la storia vera, quella che nasce dalla coscienza, superata la perplessità e la confusione. Il pericolo insito nella ribellione è che quando l’uomo si eleva al di sopra di se stesso, al di sopra della storia per determinarla, esce dalla dimensione spazio-temporale e vive istanti di assoluti, di eterni sovratemporali, sente di vivere nella dimensione del per sempre. Ma questo per sempre è l’inganno metafisico che la Zambrano svela e rivela. Non è possibile, infatti, separarsi della temporalità, e quando passato, presente e futuro ricompaiono, si ritorna alla vita di sempre. Ogni giorno rendiamo viva la nostra storia attraverso l’oscillazione perenne tra speranza e disperazione, tra sogno e risveglio, tra la luce della lanterna e la città addormentata. Nel mezzo c’è la vita, nel mezzo c’è la storia umana.

Bianca Melito