Nell’
ultimo romanzo, che, come nei precedenti,
contiene riferimenti reali
alla sua vita, Erica Jong, la scrittrice che ha scandalizzato l’America degli anni ’70 teorizzando nel suo primo romanzo
Paura di volare la necessità del sesso libero e senza coinvolgimenti
sentimentali anche per le donne ( quello che lei definisce «la scopata senza
cerniera»), si trova a doversi
confrontare con la malattia, la vecchiaia e la morte. Il marito della protagonista,
più anziano di venticinque anni, viene colpito da un aneurisma all’aorta e i
suoi vecchi amatissimi genitori stanno ormai per varcare la
porta fatale. Come reagire allora alla depressione incombente se non rivolgersi
a un sito di incontri episodici su internet? Da qui il titolo della traduzione
italiana del romanzo: Donna felicemente sposata cerca uomo felicemente sposato.
Ma questa volta la ricerca di sesso facile non riesce a Vanessa nuovo alter ego di Erica ( in Paura di volare e negli altri romanzi
autobiografici il suo nome era
Isadora, personaggio che appare, quasi come un «cameo cinematografico» anche in
questo libro), sia perché gli uomini che rispondono ai suoi annunci rivelano
preoccupanti e anche esilaranti deviazioni sessuali, sia perché la protagonista
è maturata e si accorge ben presto che «il sesso senza amore
è una sigaretta cancerogena che fumiamo volontariamente». Ma poi tutto si
aggiusterà quando, dopo la guarigione del marito, i due coniugi faranno un
viaggio in India e lì scopriranno il sesso tantrico che li rapirà in una sorta
di amore universale che ravviverà anche miracolosamente le ormai stanche forze
virili dell’ottantenne marito. Nel
mezzo di queste vicende Vanessa diverrà anche nonna di un bel nipotino
maschio figlio della sua unica figlia Glinda, che si è reinserita nella normalità
dopo un periodo di disintossicazione
dalla droga passato in un centro di recupero del Minnesota. Il romanzo, che si
avvale ancora una volta di una scrittura colloquiale e scorrevole, risulta di piacevole lettura anche
se le varie parti che lo compongono sembrano a volte disarmoniche tra loro.
Quello che fortemente colpisce, però, la lettrice italiana sono la superficialità e la semplicità, tipicamente americane, con
cui Erica Jong ormai ultra-settantenne opera la retractatio dei temi che l’hanno resa celebre, cioè la libertà sessuale e la vita
avventurosa dai molteplici matrimoni: «Il sesso è universale come la fame.
Quando siamo giovani l’enfatizziamo. Gli diamo molta più importanza di quanta
gliene spetti» e, ancora, per giustificare la caduta nella droga della figlia: «Appartengo
alla generazione che credeva che i figli potessero sopravvivere a qualsiasi cosa.
Ci sposavamo e divorziavamo come se stessimo semplicemente traslocando da un
appartamento a un altro. Ma la verità è che i figli non possono sopravvivere a
qualsiasi cosa». Ma, nonostante le volute ingenuità new age , il romanzo
risulta efficace quando l’autrice
descrive con affetto e
partecipazione l’impotenza e l’orrore
di una figlia che si trova
ad assistere al progressivo spegnersi della vita negli anzianissimi genitori,
attraverso il loro scivolamento nella demenza senile, l’immobilità, le miserie
del corpo in disfacimento, e il timore, nello stesso tempo, che la morte venga a concludere questo orribile percorso.
Pagine dolorosamente veritiere in cui si ritrovano tutti coloro che, data
l’età, hanno dovuto accompagnare i loro genitori nell’ultimo viaggio. Non a caso il titolo originale
del romanzo è Fear of dying (Paura di morire) e allora, considerando ciò, si
ribalta l’ottica attraverso cui interpretarlo, e si comprende che il
consolatorio e improbabile finale serve soprattutto a esorcizzare i timori
personali dell’autrice.
Marinella Gargiulo