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Desistere


Viene spesso voglia, nel grande ospedale, di desistere. Desistere significa rinunciare alla prosecuzione o all’attuazione di un qualcosa, generalmente in conseguenza di sopraggiunte difficoltà impreviste. Nel grande ospedale (con grande pronto soccorso), sopraggiungono frequentemente difficoltà impreviste.  Quello che gli aziendalisti chiamano “gestione delle eccezioni” è, con tutta probabilità, quasi la norma, nel grande ospedale, con un grande pronto soccorso. Quando, al pronto soccorso arrivano in media 300 persone al giorno; quando,  molti altri presidi ospedalieri limitrofi, medio-grandi o piccoli sono al collasso per carenza di personale, per attrezzature (TAC etc.) che si rompono e non vengono aggiustate in tempo; quando,  il cosiddetto “territorio”, le strutture ambulatoriali, la medicina di base drenano ben poco, filtrano quasi niente, ecco che tutto viene ribaltato nel pronto soccorso del grande ospedale di riferimento. Codici gialli, codici rossi a volontà. Quindi occorre che il grande ospedale si organizzi   in OBI (osservazione breve intensiva) dove si accumulano malati in barella; in reparti di  medicina e chirurgia d’urgenza sempre più affollati;  anch’essi, se ne cadono di barelle. Affollamento incredibile: la sanità pubblica soffre di tagli che,  a parole non si vogliono lineari,  ma che, nei fatti, sono tagliole,  da anni sempre più cruente. Eppure la sanità pubblica, in Italia, costa meno della media europea, pur essendo il nostro servizio sanitario pubblico più garantista ed accessibile della media degli altri paesi europei. Ciononostante si continua a tagliare, si continuano  a bloccare le assunzioni, in particolare nelle regioni del sud. Tutte le disfunzioni del sistema si riversano, in assenza di una solida organizzazione centrale e regionale, sui grandi ospedali provinciali che,  eufemisticamente, continuano a chiamarsi AORN, aziende ospedaliere di rilievo nazionale. Tutte quelle che hanno pronto soccorso scoppiano di barelle. Le AORN che non hanno pronto soccorso possono meglio programmare i ricoveri, possono dedicarsi al meglio all’elezione (non quella politica logicamente),  all’attività basata sui ricoveri  preordinati e programmati. Se teniamo conto dei numeri elevatissimi di accesso  nei pronto soccorso, in alcuni grandi ospedali;  se teniamo conto che il personale è mediamente anziano (merce rara i giovani nelle AORN);  se teniamo conto della carenza di personale per cui i medici fanno anche gli infermieri e gli infermieri sono costretti a fare spesso gli ausiliari; se teniamo conto che, per chi lavora in tali condizioni estreme, il burnout è quasi una costante, allora…vien voglia di desistere, di rinunciare alla prosecuzione attiva e partecipata del proprio lavoro,  tanto, se si lavora meno o male lo stipendio a fine mese arriva lo stesso. Vien voglia di applicare la desistenza : ravvedersi, essere remissivi, rassegnati, abbandonare ogni iniziativa. Desistere assomiglia allora alla versione negativa di assistere, cioè a dire partecipare in qualità di spettatore, essere presente ad un fatto ma intervenire il meno possibile, come definito in un precedente pezzo pubblicato su questo periodico.
Dunque,  si verifica così spesso il desistere, la desistenza, nel grande ospedale con grande pronto soccorso? No, assolutamente no, molto meno di quello che sarebbe lecito attendersi. Predomina la buona assistenza, alle volte caratterizzata da grande abnegazione e spirito di sacrificio. Perché ciò accade? Perché di fronte a tanta sofferenza ci si compatta, vengono fuori le migliori energie, si da senso alla propria professione ed alle proprie aspirazioni. Si torna a casa stanchi, incavolati, ma anche soddisfatti.  Senza esagerare però. Alla lunga nascono conflitti e frustrazioni, attese rimaste deluse e paragoni con altro personale che, a parità di stipendio, lavora molto meno ed in maniera più tranquilla. Occorre perciò intervenire per migliorare le condizioni di lavoro e di assistenza nel grande ospedale con grande pronto soccorso. Servono segnali concreti, miglioramenti, alle volte anche piccoli, che contribuiscano  a ridare fiato al personale. Serve sovente una  ricarica di energie positive e di fatti concreti che consentano di far fronte ad una condizione lavorativa alle volte massacrante, tra tanta sofferenza, tra tanta umanità.
Occorre inoltre tener presente che, in assenza di cambiamenti  delle politiche nazionali e regionali, di assunzioni di personale giovane,  cambiamenti  molto improbabili ad avviso di chi scrive, i pronto soccorso dei grandi ospedali saranno sempre più affollati. 
Il mio fruttivendolo, che vende ottima frutta e verdura mi disse un giorno : “dotto, da noi c’è molta folla, ma continuate a venire qua, aspettate un po’, però siete sicuro di ciò che mangiate; non andate nei locali dove non c’è folla, insospettitevi se non c’è nessuno”. Ha ragione. Sempre più gente arriverà nei pronto soccorso dei grandi ospedali,  sempre più persone chiederanno di esser portati lì, pur sapendo che rimarranno in barella; meritano tutti di ricevere servizi migliori, risposte rapide ed appropriate, la “migliore frutta e verdura” per parafrasare il mio fruttivendolo, anziano,  ma molto saggio.
Occorre potenziare e migliorare i servizi di emergenza dei grandi ospedali. Questa la ricetta per resistere e non farsi vincere dalla voglia di desistere.


Roberto Landolfi