L’articolo
43, comma 2 del Codice Civile recita: “La residenza è nel luogo in cui la
persona ha la dimora abituale”.
E
qual è la dimora abituale di un senza dimora?
La
strada.
Si,
ma quale? E in quale Comune?
Potrebbe
sembrare un dialogo surreale intorno ad una questione marginale, e invece l’ottenimento
della residenza per una persona senza dimora è uno dei seri problemi connessi
alla propria condizione.
Nel
nostro ordinamento giuridico, infatti, l’iscrizione nelle liste anagrafiche di
un Comune – già di per sé un diritto soggettivo perfetto – rappresenta la
condizione necessaria per l’esercizio di una serie di ulteriori diritti
fondamentali, come ad esempio il diritto al voto, l’accesso ai servizi sanitari
o alle prestazioni del sistema di welfare locale etc.
Oltre,
dunque, all’evidente interesse pubblico di registrare tutta la popolazione
stabilmente presente sul territorio, esiste un interesse delle stesse persone
senza dimora – e delle associazioni che ne tutelano i diritti – affinché tutti i Comuni italiani,
conformemente alla normativa, si attrezzino per riconoscere ai senza dimora
presenti nel proprio territorio il diritto alla residenza, eventualmente anche
attraverso l’istituzione di apposite “vie fittizie” in cui registrarli.
Non
mi è possibile fornire un dato preciso sull’attuale grado di diffusione di
questa prassi, e nemmeno approfondire in questa sede la normativa anagrafica
vigente e le implicazioni – pratiche e giuridiche – delle varie soluzioni
adottabili per l’iscrizione anagrafica dei senza dimora (che, comunque, chi
fosse interessato potrà approfondire anche contattando o consultando il sito
web dell’associazione Avvocato di Strada Onlus).
Vorrei
piuttosto condividere con voi lettori una curiosità che mi è sorta occupandomi
della vicenda e cioè come sono state denominate le “vie fittizie” che diversi
Comuni italiani hanno già istituito per registrare la residenza delle persone
senza dimora.
Dopo
aver condotto una - non esaustiva - ricerca nel web, ed una volta giunto a
campionare circa un Comune per ogni Regione d’Italia, ho provato a disegnare
una mappa delle denominazioni adottate, non solo per soddisfare la mia
personale curiosità, ma anche nella convinzione che i toponimi assegnati a
queste strade virtuali, oltre ad un’esigenza pratica di individuazione, potessero
esprimere altro. In fondo i nomi che si assegnano alle cose, alle persone, alle
situazioni, non sono mai neutri, né privi di una ragione o di una storia.
Non
mi dilungo. Ognuno, osservando la cartina che segue (nella quale sono stati
riportati i nomi delle vie fittizie reperiti in Internet) potrà farsi un’idea delle
denominazioni di queste strade senza
dimora, delle sensazioni che evocano, delle storie che ricordano, della
varietà di atteggiamenti e di sensibilità verso un problema sociale che
potrebbero esprimere.