testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

Don Milani e gli intellettuali

A pochi mesi dalla morte di Lorenzo Milani, Gian Paolo Meucci scriveva di lui : “…radicare concetti intrinsecamente cristiani, un altro punto del suo programma che non avrebbe mai abbandonato. Lui, l’unico vero intellettuale che abbia mai conosciuto e che fu capace di liberarsi di tutte le scorie della sovrastruttura intellettualistica per aprirsi umilmente alla ricerca, insieme agli umili, di concetti che, per essere totalmente e realmente umani, erano gli unici che avessero uno spessore cristiano”.
Riportiamo di seguito alcuni stralci della lettera  di Don Milani a Meucci in data 2.3.1955 (NdR):  
“Mandami pure al diavolo oppure da Zalla a farmi curare ma io vorrei sapere da te (e poi da tanto desidero saperlo anche da Dossetti e da Benedetto) che serve sprecare intelligenze belle e culture e cuori d’oro come avete voi intellettuali a profusione per rivolgersi a degli intellettuali? Cosa aspetti a chiuderti a ogni altra attività e scrivere un trattatello elementare economicissimo e limpidissimo di diritto ? Vuoi tu che i poveri regnino presto ? Vuoi che regnino bene ? Scrivi dunque o un libro per loro o un giornale per loro o fatti apostolo tra i tuoi compagni laureati cattolici per dare vita ad una grandissima scuola popolare a Firenze. Non come un dono da fare ai poveri, ma come un debito da pagare e un dono da ricevere. Non per insegnare, ma solo per dare i mezzi tecnici necessari (cioè la lingua)ai poveri per insegnar essi a voi le inesauribili ricchezze di equilibrio e di saggezza, di concretezza, di religiosità potenziale che Dio ha nascosto nel loro cuore,  quasi per compensarli della sperequazione culturale di cui sono vittime. La scuola sarà evidentemente intitolata a Socrate e non al sacro Cuore, appunto in omaggio di questo arrendersi di fronte ai nuovi eletti, non consegneremo loro dunque le cose che abbiamo costruito e che stanno cadendo da tutte le parti ma solo gli arnesi del mestiere (cioè più che altro la lingua, le lingue ecc.)  perché costruiscano loro cose tutte diverse dalle nostre e non solo sotto il nostro alto patrocinio né paterna compiacenza”
“Quando voi scrivete (se ho ben capito) vi proponete di trovare il modo migliore di far andare le cose meglio…Vedo che siete tutti molto colti e io invece mi diletto di studi di nessun realizzo sociale quale ad esempio l’ebraico. Vedo che leggete moltissimo e vi tenete sempre al corrente di tutto quello che di moderno e geniale viene partorito al mondo.  Io invece passo gran parte della giornata a chiacchierare con degli analfabeti per far del bene a loro ed arricchirmi io di un mucchio di cose che da loro possiamo imparare. E così avviene che quando scrivo io avete l’impressione che scriva un analfabeta perché non si vede mai traccia delle molte letture come appare nei vostri scritti. Voi vi valete di vocaboli e citazioni di nomi propri che nelle persone colte che vi leggono richiamano milioni di conoscenze già acquisite. Io invece uso ogni parola come fosse usata per la prima volta nella storia come usano fare gli analfabeti e quelli che a loro si vogliono efficacemente rivolgere…Va bene che interessate gli intellettuali della montagna e dell’Asia e del sindacato cioè dei diseredati, ma ciò non toglie che vi si considera un tutto solidale (cioè voi che scrivete agli intellettuali e gli intellettuali che vi leggono) il vostro giornale non è che una immensa sega. Anche chi fa una sega crede di giustificare il suo sterile atto con tendere tutta la mente a pensare a una donna, ma intanto dalla donna non ci è andato. E che ha fatto ! Una sega ! Così anche voi ai poveri non gli fate una sega, nulla, quando parlate di loro ai non poveri. Ma se è così vai al diavolo o statti chiuso nel tuo alto regno e scrivi pure riviste belle intelligenti e buone come io giudico la vostra. Ma io col tuo permesso continuerò a pensare che un’ora di scuola mia a Barbiana vale più che  <Le 12>  in mano a tutti gli intellettuali d’Italia. non perché io valga più di voi ma perché vale di più il pubblico che mi sono scelto”


Tratto da : Francesco Milanese “Don Milani. Quel povero seppellito a Barbiana” Libreria Editrice Fiorentina – Firenze - 1987