Minuti o maestosi, rigidi o flessibili,
sempreverdi o a foglie caduche, gli alberi restano i signori del bosco. I loro
rami, popolati da una moltitudine – ora silenziosa, ora assordante – di ospiti,
danno forma alla luce, offrono riparo e ombra ai viandanti.
Mario Rigoni Stern, che nella propria esistenza
molti ne ha visti e piantati anche intorno alla propria casa sull’altopiano di
Asiago, ha dedicato agli alberi un bel volumetto dal titolo Arboreto salvatico (Einaudi, Torino,
1991-1996), nel quale descrive da un punto di vista botanico, ma anche
letterario, mitologico e sentimentale, venti specie di alberi diffusi nel
nostro Paese.
E poiché ognuno di noi somiglia in qualcosa ad
una particolare specie di albero, non posso esimermi dal citare qualche nota
sul salice, in particolare quello “piangente”, a cui una persona – tanti anni
fa – disse che somigliavo per via di una mia vena leggermente malinconica.
«La famiglia delle Salicacee, nel genere Salix,
è molto ricca di specie; i botanici ne hanno calcolato circa trecento che
vegetano su vaste aree dalle regioni più fredde alle temperate. […]
Numerosi sono anche gli ibridi perché i salici
si incrociano tra loro con una certa facilità. Come diversi e mutevoli sono i
comportamenti. Il Salix babylonica
(sì, quello della Bibbia, salmo 136: «Sui fiumi di Babilonia, | là sedemmo e
piangemmo, | ricordandoci di Sion! | Ai salici, in mezzo ad essa, | appendemmo
le nostre cetre…») ha rami lunghi e pendenti, per questo è conosciuto come
salice piangente; ed è bello e malinconico vederlo specchiarsi nell’acqua di
uno stagno o di un fiume. […]
Se il salice bianco, simbolo di sterile castità,
era dedicato a Iside, il salice piangente era dedicato a Giunone, e come albero
lunare era pure votato a Ecate. […]
Dal salice ha pure origine un farmaco tra i più
usati e utili ancora oggi: si ricava pestando nel mortaio la corteccia e serve
per le febbri d’ogni genere e come analgesico: è la salicilina con i suoi
derivati che ora si ottengono in sintesi. Umile e generoso albero quanto ti
debbono gli uomini! Questi uomini che ti passano accanto dentro le loro veloci
automobili o in treno. E nemmeno ti notano».
Ivo Grillo