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La scuola chiude. La nostra attenzione si rivolge alla scuola. Pubblicheremo a seguire varie “Storie di Scuola”, inaugurate da una riflessione di Gianluca Attademo sull’esame di maturità (NdR)

La maturità del 2018 e il diritto alla felicità

Il tema di ordine generale della maturità 2018 è dedicato a «Il principio dell’eguaglianza formale e sostanziale nella Costituzione» e richiede un’analisi dell’articolo 3. 
Eguaglianza, libertà, dignità: l’articolo 3 è carico di una trama di parole e concetti che ci suggerisce di leggere i principi nel loro legame reciproco. Per interpretare questa trama è necessario fare riferimento a una parola che non compare nell’articolo 3 ma che definisce il nostro libero stare al mondo, orienta il nostro guardare alla nostra e all’altrui dignità, individua la nostra incompiutezza come le nostre aspirazioni, il nostro presente e il nostro futuro. Il presente, lo sapevano bene madri e padri della Costituente, è attraversato da contraddizioni; per questo è necessario che su di esso agisca l’orizzonte di un futuro che queste contraddizioni mira a risolvere. Il presente è fatto di diseguaglianze che tra-sfigurano la diversità umana; il futuro, quel futuro che la repubblica assume come compito, è nell’orizzonte del pieno sviluppo della persona umana. O, come si diceva nel Settecento, della “ricerca della felicità”. 
La parola felicità non ci deve spaventare, va pronunciata come impegno della res publica, e quindi dovere inderogabile e diritto inalienabile dei singoli. 
La Repubblica è una realtà artificiale che supporta il libero sviluppo della persona umana; sembra di muoversi sul piano di concetti astratti, di quei concetti e principi che trovano la loro dicibilità nelle carte e nel lessico del diritto ma non nella concretezza dell’esistenza individuale e collettiva. E invece la Costituzione cerca di penetrare nella vita materiale, nella esistenza storica, nella individualità concreta e lo fa grazie ad un uso consapevole e preciso di espressioni e aggettivi quali “di fatto”, “pieno”, “effettiva” … «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». 
E’ grazie alla lotta delle donne, delle madri costituenti, di Teresa Mattei in particolare, che l’espressione “di fatto” è presente nel testo costituzionale: «Perciò noi affermiamo oggi che, pur riconoscendo come grande conquista la dichiarazione costituzionale, questa non ci basta. Le donne italiane desiderano qualche cosa di più, qualche cosa di più esplicito e concreto che le aiuti a muovere i primi passi verso la parità di fatto, in ogni sfera, economica, politica e sociale, della vita nazionale. Per questo noi chiediamo che nessuna ambiguità sussista, in nessun articolo e in nessuna parola della Carta costituzionale, che sia facile appiglio e chi volesse ancora impedire e frenare alle donne questo cammino liberatore. […] Voi direte questo è un pleonasmo. Noi però riteniamo che occorra specificare “di fatto”. […] Orbene, noi riteniamo che questo esempio […] valga a chiarire che quelle conquiste che noi donne facciamo nella vita nazionale, non possono essere realizzate pienamente nella vita, se non sono accompagnate da altre conquiste di carattere sociale, economico, se non accompagnate, cioè, da una completa legislazione in proposito. […] Onorevoli colleghi, se osserviamo da vicino questo progetto di Costituzione, […] possiamo affermare che in esso è uno slancio verso il progresso, verso la giustizia, verso la pratica attuazione di una società più umana, più giusta, migliore dell’attuale. […] potremo con questa Costituzione raggiungere più rapidamente una forma di società migliore, che cancelli definitivamente le tracce, le rovine, i segni di oppressione del fascismo, che ne distrugga nel profondo le cause».
La Costituzione è stata scritta da donne e uomini che avevano combattuto il Fascismo; alcuni di loro, nati cento anni prima dei nostri maturandi avevano trascorso l”anno della maturità” al fronte impegnati nella Grande Guerra. Donne e uomini per certi aspetti molto diversi dai nostri studenti e da noi. Tuttavia, pur dopo settanta anni, come il MIUR stesso deve avere riconosciuto, è un testo che ha molto da dirci su presente e futuro, diseguaglianza e dignità, diversità umana e ricerca della felicità. 

Gianluca Attademo 
(Gruppo di ricerca "Filosofia morale e bioetica"
Dipartimento di Scienze Sociali
Università degli Studi di Napoli Federico II)