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Cara, amica mia cara


Questa lettera ha per me la necessità di ribadire un rapporto privato con te. Salda nel cuore questa relazione d’affetto ed intelligenza oggi la sento violata dal pubblico, del quale sia tu che io abbiamo sempre sentito i rischi e pericoli.
Forse la mia preoccupazione è di non sapere, oggi più di altre volte, dove sei con i tuoi pensieri più profondi, pensieri che in alcuni aspetti mi sono appartenuti e che senza enunciare parola saldavano intese, deboli per il mondo, ma forti per le nostre esistenze complesse.
Forse proietto una mia inquietudine molto dolorosa, in senso fisico e psichico, se è così ti prego di scusarmi. Il desiderio è diventato una parola incapace di vivere, come lo stesso progetto di realizzare qualcosa. Il mondo, le cose, sono da una parte prive di significato e di senso, dall’altra ci sono io con pensieri difficili e profonda sfiducia. Pensieri difficili che tu capisci “nel tuo segreto scrigno, li riconosci”, noi sappiamo cosa significa il “mal di vivere”come sappiamo di quanta felicità insieme abbiamo goduto; indelebile traccia di vite cambiate da verità scoperte, senza le quali la vita risultava povera. Non è nostalgia la mia, bensì ricerca di un essenziale,  di una  povera traccia che giustifica l’esserci in questo mondo sempre più guasto, sempre più ricco di corpi solo ingombranti . 
Noi abbiamo fatto della meraviglia una dimensione che coglieva le nostre quotidianità con  naturalità e leggerezza. Il mondo era messo in gioco dalle nostre potenze, in senso matematico alla seconda potenza mia e tua, alla quarta potenza ,alla quinta, ecc una in tutte, tutte in una. E’ stato meraviglioso, come dice Carla Lonzi,  “una grande festa”. Una Festa inedita per vite femminili già educate al sacrificio  ed al senso di colpa nei confronti del mondo. Abbiamo spiazzato pensatori come Lacan che con un po’ d’anticipo nei confronti delle donne e la famiglia dice “noi non conosciamo l’inconscio di una donna” risposta non meno problematica di quella data da Freud quando finalmente ammette “cosa vuole una donna?”. Io non lo so oggi cosa voglio, la mia risposta a Freud e a Lacan non c’è l’ho, non c’è l’ abbiamo, perché?
Mia cara amica voglio adesso scusarmi con te per non esserti stata molto vicina in questa tua venuta a Napoli, vicina in questo nuovo ruolo difficile, che anch’io per te ho fortemente voluto, non ne sono stata capace, non ho saputo che fare. Penso molto alla rivista che è un  modo per starti vicina, in quel luogo cerco le ragioni di un’intesa con te,  a volte confusa e disorientante.
Ti voglio bene, voglio condividere con te la difficoltà di questo momento anche se so che è sempre più difficile ricorrere alla sola forza della volontà.
Un ultima cosa importante:  nei lavori preparatori alla rivista sei stata capace di ricoprire un ruolo non solo autorevole ma d’abile mediazione. Senza rinunciare alle tue posizioni politiche hai trasmesso una capacità di gestione che sapevo appartenerti ma che oggi ho visto agire a pieno titolo senza timori ne bisogno di consensi e convincimenti altrui. La forza della tua maturità che non chiede approvazioni bensì ascolto, senza compiacimenti, senza aggressività, ti rende presenza viva. 

Con stima profonda che in questo momento della mia vita vale più dell’amore, parola troppo usata e troppo spesso vuota 
Lucia