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Sin dalla Preistoria uomini e donne hanno diviso i loro compiti nell’ambito della ristrettissima società tribale allo scopo di ottimizzare i propri sforzi ed assicurare la sopravvivenza della razza umana.
La donna si è dedicata alla procreazione ed alla cura della sua prole, mentre l’uomo, più forte e prestante, si è impegnato nella caccia e nella guerra.
Già nelle antiche Civiltà i due ruoli si sono profondamente distinti; la donna è stata esclusa dalla vita politica, benché talvolta abbia, in qualità di madre o di vedova, persino regnato come reggente (basti pensare ad alcune faraone egiziane o a madri di imperatori romani).
Con l’avvento del Cristianesimol’uomo ha assunto un ruolo centrale, mentre alla donna è stato attribuito quello gregario di compagna (“Si chiamerà donna, perché è tratta dall’uomo”). 
Nel Medioevo e con l'Inquisizionesi è assistiti ad una vera e propria frattura tra i due generi: l’uomo ha avuto l’opportunità di conoscere, studiare, pensare, mentre la donna è stata ritenuta simbolo del male, strega, capace di trarre in inganno l'uomo spingendolo al peccato in qualsiasi modo e molto spesso condannata al rogo.
Solo dopo l’anno 1000, con l'avvento del Dolce Stil Novo, i due generi sembrano riappacificarsi e nasce la figura di donna “angelicata”, cantata dai poeti.
Alla fine del ‘700, in Europa, uomini e donne hanno lottato fianco a fianco nelle Rivoluzioni (in Francia nella presa della Bastiglia, nella Rivoluzione Napoletana del 1799, ecc.), fino a giungere al 1800, quando hanno iniziato a diffondersi le prime istanze femministe e di suffragio a livello europeo e negli Stati Uniti.
Durante la Prima Guerra Mondiale, l’assenza di molti uomini chiamati alle armi, rese le donne operaie e contadine e quindi improvvisamente membri attivi della società.
Da questo momento in poi, ha avuto inizio, nei Paesi occidentali, un lungo percorso di lotta per la conquista dei diritti politici e della parità sociale da parte delle donne il cui primo traguardo importante è stato il conseguimento del diritto di voto.
Oggi, però, a distanza di molti anni dalle lotte per il diritto all’aborto, al divorzio alla parità di genere tra i due sessi, possiamo costatare con amarezza che il risultato non è stato quello sperato di una società più equa.
Al contrario essa è caratterizzata da un dilagante egoismo, dalla convinzione di ognuno, uomo o donna che sia, di avere il pieno diritto di appagare ogni desiderio, di realizzare ogni aspettativa, di avere ciò che si vuole anche calpestando i valori etici, il rispetto di sé e degli altri, dell’ambiente, della morale e della dignità. Ma “la somma degli egoismi” ha determinato una società tutt’altro che libera, bensì si è rivelata una gabbia in cui ciascuno resta imprigionato.
Si perseguono modelli sbagliati di uomini e donne che corrispondono allo stereotipo che appare nei manifesti pubblicitari, sulle riviste o in tv: bellissimi, che non portano alcun segno del tempo che passa, ricchi, vincenti, soli.
Così, mentre la donna usa sempre più frequentemente il suo corpo come strumento per ottenere visibilità e perde il rispetto di sé ricorrendo alla chirurgia estrema, ad abbigliamento inadeguato ed a comportamenti che la trasformano in oggetto del desiderio, l’uomo la guarda con sospetto, la teme, sa che sarà sempre più aggressiva, autonoma, lontana da quei ruoli di madre e moglie che da sempre le erano stati assegnati.
In questo modo nasce in lui la rabbia di controllarla, di reprimerla, di sottometterla, che lo induce a ricorrere spesso alla violenza fisica, alla vessazione, ai ricatti economici, fino a giungere in casi estremi al “femminicidio”.
In sostanza si fa un salto indietro e quello che avrebbe dovuto essere un momento di progresso e di crescita, diventa un regresso verso la bestialità e l’abbrutimento.
In altri Paesi ed in altre culture, invece, la conquista dei diritti e della parità tra i sessi è ancora un lontano miraggio.
Nei Paesi islamici più fondamentalisti esiste ancora la poligamia, la donna non ha il diritto di divorziare dal marito, mentre questi può ripudiarla quando vuole; le è imposto l’uso del burka, è obbligata a vivere nei luoghi per lei preposti, non ha diritti civili, è vittima di abusi e di violenze sessuali, non partecipa alla vita sociale e le è negato il diritto allo studio.
"Una ragazzo, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo". Sono le parole di Malala Yousafzai, giovanissima donna Pakistana, all’atto di ritirare il Premio Nobel per la Pace ad Oslo ottenuto per aver combattuto in nome del diritto all’istruzione delle donne, negato dai talebani fino all’inizio del nuovo millennio.
In Africa le donne sono sottoposte a violenze, soprattutto sessuali, per lo più non hanno accesso a cure mediche, alla prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili, né all’istruzione.
Negli anni milioni di donne e ragazze sono state sottoposte a mutilazioni genitali femminili, subendo uno degli atti di violenza di genere più disumani al mondo.
Altri milioni di ragazze subiranno questo genere di mutilazioni entro il 2030, senza una forte accelerazione nell’azione per porre fine a questa pratica, per la quale l’UNICEF si sta impegnando fortemente. 
In paesi come Egitto, Sudan, Kenya e Nigeria questa pratica è stata posta in essere per mano di operatori sanitari, ma ciò non la rende certamente più sicura o accettabile.
Il 6 febbraio in tutto il mondo si celebra la Giornata internazionale sulla tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni genitali femminiliIn nome della parità di genere in tutti i Paesi dell’Unione, il Parlamento europeo ha predisposto una Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere(FEMM) sin dagli anni ’60, mentre le Nazioni Unite hanno una Commissione per la parità di genere.
Proprio quest’ultima ha valutato che la mancata realizzazione della piena parità di genere impedisce uno sviluppo sociale sostenibile.I dati forniti da UN Womendisegnano un mondo in cui le donne continuano a guadagnare meno degli uomini pur lavorando di più, se si considera il lavoro domestico e di cura non retribuito e ciò è da considerare pregiudizievole ad uno sviluppo sociale equilibrato.
La considerazione finale da farsi è, a mio avviso questa: è bene che l’Occidente del Mondo, forte dell’esperienza fatta a partire dall’inizio del Novecento in nome della pari dignità di genere e dell’equità sociale, sostenga ed aiuti i Paesi che ancora stanno lottando per realizzare questi obiettivi, ma è altrettanto opportuno che li esorti ad evitare gli errori che esso stesso ha compiuto negli ultimi anni e che anzi provi a porvi riparo.
A livello globale, dall’Occidente all’Oriente, bisognerebbe sensibilizzare tutte le persone, ed in maniera particolare le nuove generazioni, al rispetto di sé e dell’altro, a coltivare la propria mente, il proprio pensiero, la propria formazione culturale.
Insegnare la cura ed il rispetto del proprio corpo come riconoscimento della propria dignità, di quella della creatura umana e di ogni altra creatura vivente ed attribuire un valore immenso al rispetto e della cura del tessuto sociale.
Inoltre, la comunità internazionale non dovrebbe mai dimenticare che solo attraverso l’attuazione di forme di sviluppo sostenibile ed equo-solidale che pongano al centro dell’attenzione il rispetto e la cura dell’uomo, dell’ambiente e dell’intero ecosistema, sarà possibile assicurare la sopravvivenza della nostra specie.

Ilaria Giuliano