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Ma gli androidi sognano pecore elettriche?


In questo periodo storico, caratterizzato da virus sconosciuti che aprono scenari inediti, per l’umanità tutta, la redazione di madrigaleperlucia consiglia di rifugiarsi nella fantascienza.
L’occasione ci viene fornita dalla trasmissione radiofonica “Ad Alta Voce”. Su Rai radio tre Marco Cavalcoli sta leggendo, in questi giorni, “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” lo straordinario romanzo di Philip K. Dick da cui è stato tratto il film “Blade Runner”. Un’opportunità da non perdere. 
Anche chi non legge volentieri libri di fantascienza non può che appassionarsi ai romanzi di Philip K. Dick. Non tutti, sia chiaro. Dick ha scritto davvero tanto. Ma alcuni suoi libri sono insuperabili; ad esempio “Ubik”, “Rapporto di minoranza ed altri racconti” e il coinvolgente, struggente romanzo in cui Dick si domanda se gli androidi sognano pecore elettriche.
Tragico e grottesco insieme, il romanzo di Philip K. Dick racconta il panorama desolato della San Francisco del futuro; il desiderio di amore e redenzione che alberga nei più umili, trasformando il genere fantascientifico in un’avventura metafisica. Un’opera che ha previsto metropoli future e ha anticipato i dilemmi della bioetica contemporanea. L’attenta lettura del romanzo andrebbe consigliata a tutti i cultori di bioetica e a tutti coloro che, fanno parte dei Comitati Etici per la ricerca scientifica e per la pratica clinica. 
In una delle mirabili pagine del romanzo Rick Deckard, uno dei protagonisti del libro, cacciatore di taglie, viene assalito da dubbi esistenziali e ci pone concreti dilemmi derivanti dal confronto tra uomini e androidi, tra uomini e replicanti, provenienti dalla terra e da marte:
“Aveva di fronte a sé un uomo con lo sguardo colmo di dolore e stanco che emanava come una luce penosa.
<Mercer> esclamò Rick
<Io ti sono amico> disse il vecchio. <Ma tu devi andare avanti come se non esistessi. Riesci a capirlo?> Spalancò le mani vuote
<No> rispose Rick. <Non riesco a capirlo. Ho bisogno d’aiuto>
<Come faccio a salvarti?> disse il vecchio <Non riesco nemmeno a salvare me stesso>. Gli sorrise <Non capisci? Non c’è salvezza>
<E allora perché tutto questo?> chiese Rick <che ci stai a fare?>
<Per dimostrarti che non sei solo> rispose Mercer. < Io sono qui con te e ci rimarrò sempre. Và ed esegui il tuo compito anche se sai che è sbagliato>
<Ma perché? Perché devo farlo proprio io? Lascerò il mio lavoro ed emigrerò piuttosto>
<Dovunque andrai, ti si richiederà di fare qualcosa di sbagliato. È la condizione fondamentale della vita essere costretti a far violenza alla propria personalità. Prima o poi tutte le creature devono farlo. È l’ombra estrema, il difetto della creazione; è la maledizione che si compie, la maledizione che si nutre della vita. In tutto l’universo>
<Questo è quello che sai dirmi?> disse Rick….. 
“Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, è una delle rare occasioni di lettura, durante le quali, viene da pronunziare “l’encore” di Lacaniana memoria.
Letture non semplici, complicate da uno stile di scrittura non sempre facilmente accessibile. 
“Scrive di merda e si legge da Dio”: è uno dei tanti commenti, delle tante critiche, ai romanzi di Dick, che forse sintetizza al meglio la meraviglia e la grande bellezza delle sue opere.