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Scuola, università online e disabilità


Tra le conseguenze del virus, come abbiamo avuto più volte modo di sottolineare, ci sono le lezioni a distanza per studenti nelle scuole e nelle università. Si era partiti in sordina, tra mille difficoltà. Ci si sta abituando all’utilizzo delle lezioni online, delle piattaforme digitali, delle video conferenze etc. A quanto pare alla pandemia si sostituirà un’endemia, ed alla scuola in presenza, la scuola a distanza.
Catastrofiche le conseguenze: a casa, il docente in video viene probabilmente seguito dagli alunni più attenti, quelli che normalmente vanno meglio a scuola e sono più motivati. I meno attenti, che molte volte sono figli di famiglie in maggiore difficoltà economica e sociale, che fanno?  Stanno a sentire o si alzano e vanno in giro? Chi li controlla? Le madri probabilmente, costrette dunque a continuare a stare in casa. Questo vale per gli studenti dei licei. Per i più piccoli è ancora peggio. Per i più grandi, atteso che, a quanto pare, le lezioni in presenza nelle università, ripartiranno nel 2021, lo scenario è ancora più cupo, con lo svilimento della funzione didattica, ma anche delle attività di ricerca, proprie dell’università. Faranno eccezione le scuole di medicina, al solito, dove, fin dai primi anni è necessaria la presenza nei reparti e nei servizi sanitari degli studenti in formazione. A rischiare saranno ancora i medici e gli infermieri, questa volta in formazione. Ma, se rischio c’è, va evitato per tutti. Vanno individuate per tempo soluzioni appropriate. L’ultimo decreto, approvato dal governo, immette nuove risorse economiche per scuole, università, sanità. Risorse economiche ingenti per assumere insegnati, ricercatori, personale sanitario, per ristrutturare gli edifici scolastici e le università. Il rettore della storica ed affollata Università di Padova ha recentemente affermato che stanno mettendo in opera lavori e procedure per la riapertura in sicurezza delle aule e dei laboratori a studenti e ricercatori, a pieno regime, dall’autunno prossimo. Un bell’esempio da seguire.
A nostro avviso vanno individuate soluzioni utili al ritorno in presenza, a scuola e all’università, a settembre, pena lo svilimento dell’intero sistema scolastico ed universitario italiano; in caso contrario a rimetterci maggiormente saranno le fasce più povere della popolazione, quelle a maggior rischio di emarginazione sociale, coloro che si trovano a vivere in condizioni di maggiore difficoltà. Tra questi sono certamente compresi i disabili. 
In Italia ci sono quasi tre milioni di persone con disabilità e circa trecentomila studenti disabili. In questi ultimi mesi la chiusura delle scuole, per gli studenti disabili, ha configurato una condizione di vuoto che la didattica a distanza non è riuscita minimamente a colmare. La didattica a distanza è risultata essere inutile o dannosa. La comunicazione a distanza non si confà assolutamente a bambini e ragazzi che hanno difficoltà nell’apprendimento, a quanti sono affetti da disturbi dell’attenzione e del comportamento, agli alunni con ritardi cognitivi che rappresentano il 90% degli studenti disabili. Quanto è faticoso, per uno studente disabile, seguire una lezione online lo sanno bene i genitori che hanno sopportato con notevole fatica l’attuale fase di scuola a distanza. Gli studenti disabili hanno bisogno, ancor più dei cosiddetti normodotati, della presenza degli insegnanti, dei bidelli, dei compagni di classe. Hanno bisogno di relazioni vere, fatte di sguardi, sorrisi, urla e scherzi. La didattica a distanza rappresenta uno svilimento di tutte queste condizioni, con il virtuale che si sostituisce al reale. Di questo i disabili ne soffrono più di chiunque altro.
In autunno si torni a scuola dunque, si torni nelle aule universitarie. È necessario individuare le soluzioni appropriate che tengano conto delle nuove esigenze e contemplino, nel contempo, il bisogno di formazione in presenza che gli stessi studenti hanno manifestato più volte di volere; in primis i portatori di una qualche disabilità. 
In caso contrario non vincerà il virus ma la “paura” del virus, una psicoendemia ancora più dannosa dell’endemia. Occorre ritornare alla normalità. C’è, nelle persone, una maggiore consapevolezza ed un maggior rispetto delle regole imposte dai sanitari. Ciò che è successo in Italia e nel mondo, nei mesi di marzo ed aprile 2020, ha migliorato le conoscenze su come rispondere alle aggressioni del virus; in Italia poi i recenti provvedimenti del governo hanno consentito il raddoppio di posti letto di terapia intensiva e, un potenziamento, ancora in atto a dire il vero, della medicina territoriale, sia sul versante dei medici di famiglia che dei dipartimenti di prevenzione. Se dovessero ripresentarsi nuovi focolai epidemici ci saranno quindi risposte sanitarie più pronte ed efficienti.
Si può tornare a scuola e nelle università dunque, con una nuova consapevolezza. Ne beneficeranno tutti ma, in particolare, i soggetti più svantaggiati sul piano economico, sociale, psichico, i disabili che, più degli altri soffrono l’isolamento ed il confinamento.

La Redazione