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Le conseguenze del virus: spagnola e asiatica


L’unica risorsa veramente scarsa? il tempo, poiché la nostra principale fragilità è nel limite del tempo; la fragilità è in noi che non governiamo il tempo. Abbiamo imparato a scandirlo, abbiamo cambiato come scandirlo, ma non possiamo fermarlo. 
Il tempo del confinamento imposto dal virus è stato lungo. Ha cambiato tante persone e tanti fatti. Come suggerivano alcuni esperti, con il caldo il virus sta facendo meno danni, meno vittime. Quali le cause: in tutta onestà non le conosciamo. Gli epidemiologici, i virologi si affannano a congetturare varie ipotesi senza però spiegare bene che sono solo congetture. Troppo spesso smentite dai fatti, dalle verifiche.
Non sono i politici ad essere usciti malconci dalla pandemia. Anzi: alcuni di loro che si sono impegnati, si sono esposti, si sono assunti responsabilità, anche nel fare previsioni, hanno guadagnato consenso. Ad esempio, a livello centrale, il Presidente del Consiglio ed il Ministro della Salute risultano tra i più graditi ai cittadini. I presidenti delle regioni Campania e Veneto godono di un consenso superiore a quello che avevano sei mesi fa. Malconci invece ne sono usciti gli esperti, i presunti “scienziati”. Dato per scontato che, all’inizio tutti siamo stati presi di sprovvista; da quella che a febbraio sembrava una normale influenza solo un po’ più virulenta. Poi abbiamo scoperto che l’epidemia era grave e si stava trasformando in pandemia. Aumentavano i morti ed i ricoveri in terapia intensiva. In tale contesto, gli esperti si sono affannati a comparire in TV, sui giornali, a rilasciare dichiarazioni non sempre supportate da evidenze scientifiche. Alcuni di loro hanno fatto carriera (nei servizi pubblici), altri (in special modo nel privato) sono divenuti nomi noti a persone che, prima del Covid, non sapevano chi fossero. Si sono affrettati a scrivere libri che sono ora ai primi posti delle classifiche tra i saggi più venduti. Ci voleva il solito “Report” (che a dire il vero a volte esagera ed è a trazione nordista) per ricordarci che in Italia il piano contro le epidemie non veniva rinnovato da anni e, quello esistente nel 2019, era il frutto del copia incolla di quello degli anni precedenti. 
Ecco, gli esperti, cui siamo grati per averci ricordato che bisogna usare le mascherine, evitare gli affollamenti e lavarci spesso le mani, non hanno detto più di tanto. Hanno però litigato, tanto. Continuano a farlo, anche nel prevedere ciò che succederà nel prossimo autunno inverno.
Altra cosa sono i medici e gli infermieri in prima linea, negli ospedali e negli ambulatori territoriali. Ne sono morti troppi ed è una vera vergogna. Hanno affrontato in maniera professionale ed umana l’emergenza e sono stati definiti eroi. Personalmente, da medico, ex trincea, ora anch’io commentatore (non commendatore), fuori per età dal SSN, non li avrei mai definiti eroi. Ma persone e professionisti cui portare grande rispetto. Nel momento della catastrofe e,  principalmente, dopo. Quando ci si affannerà a trovare qualcuno a cui addossare la responsabilità di quanto avvenuto e non vorrei che ci andassero di mezzo anche “gli eroi”. La mia è una riflessione auto ed etero - analitica per aiutare tutti noi a sviluppare una sana resilienza. Guardiamo al lato umano del medico, che ha paura quanto il paziente, ma non come il paziente.  Nelle settimane peggiori alcuni medici di prima linea mi hanno raccontato che, alle volte, si sono sentiti come se stessero in un cinema: sono entrati  a far parte del film ma non potevano comunicare con i malati a loro vicini, se non con gli sguardi. Purtroppo non erano al cinema e non era un film.
Ebbene se poco ci hanno aiutato gli esperti e gli scienziati forse ci possono venire in aiuto gli storici. Va ricordato che la pandemia è ancora presente, in maniera aggressiva, in varie parti del mondo, come negli USA e in Brasile, con centinaia di migliaia di casi e migliaia di morti. Il fatto che sia scemata in Europa non vuol dire che il virus non sia più tra noi. Anche l’analisi storica ci offre riflessioni contrastanti. Come è andato il secondo inverno, dopo la comparsa del virus, ai tempi della Spagnola (1918) e dell’Asiatica (1957)? Tutti sono d’accordo sul fatto che l’epidemia si è ripresentata, per poi trasformarsi in normale influenza negli anni successivi. Ma i dati a disposizione sono pochi e controversi. Nel 1918 la gente, appena uscita dal primo conflitto mondiale, era ancora preoccupata a valutare i danni della guerra per poter valutare serenamente i danni della pandemia. Nel 1957 i casi d’influenza non venivano segnalati: anzi chi aveva un malato in casa, lo teneva nascosto e, per paura o vergogna, non ne parlava, al di fuori della stretta cerchia della famiglia. I dati disponibili sono dunque scarsamente attendibili e controversi.
A chi dobbiamo credere dunque? Agli esperti, i quali affermano che, nell’inverno successivo al primo, nelle due pandemie più importanti del secolo scorso, si verificarono più malati e più morti; o a quanti affermano che il virus, nel secondo inverno, fece meno danni?
Per quanto ci riguarda riteniamo sia utile continuare a mantenere tutte le precauzioni che abbiamo imparato ad avere, nella prima fase dell’epidemia; che si continui a vigilare affinché il servizio sanitario in Italia, a livello ospedaliero che territoriale, sia adeguatamente potenziato.

RL