Ci svegliammo. Il sole appariva sporadico
attraverso le strette fessure di grigie persiane.
Facesti un gran sbadiglio. Ammetto francamente:
non era un bel rumore. E mi era chiaro:
i coniugi non ardono d’amore.
Io ero coricata. Tu ti guardavi allo specchio.
Con discrezione eri assorto nel farti la barba.
Stendevi la mano verso la spazzola e la pomata.
Ti guardavo muta. Portavi il sigillo
del marito perfetto.
Come all’istante molte cose mi disturbarono!
– La stanza, tu, i fiori quasi appassiti,
i bicchieri, che ieri sera avevamo vuotato,
gli avanzi della confettura che si era gustata.
… Tutto ciò si vede al mattino con altri occhi.
Durante la colazione non hai parlato. (Occupato con le michette.)
– È igienico, ma non molto bello.
Ho visto la gelatina di frutta sulle tue labbra,
ti ho visto inzuppare nel caffè il pane imburrato –
una cosa che odio con tutte le mie forze!
Mi sono vestita. Hai scrutato le mie gambe.
C’era ancora l’odore del caffè bevuto tempo prima.
Andai alla porta. Il mio lavoro cominciava alle nove.
Avevo un forte presentimento – Ma dissi solo:
“È ormai ora! Devo andare…”.
Mascha Kaleko (1907 – 1975)
Traduzione di Gio Batta Bucciol
Tratto da “Poesia”, Anno XXXI, Ottobre 2015, n. 341