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Lo smarrimento

Era un impiegato dell'Ufficio Oggetti Rinvenuti da moltissimo tempo. Da anni riceveva il pubblico più disparato e rilasciava verbali di consegna. Da anni stendeva verbali sempre sugli stessi moduli, in fotocopie sempre più sbiadite, che indicavano la tipologia dell'oggetto smarrito, le circostanze del ritrovamento, i dati di chi lo aveva rinvenuto. Ogni mese stilava un elenco puntuale degli oggetti rinvenuti, che puntualmente pubblicava, insieme alle modalità di ritiro dell'oggetto da parte del proprietario. Quest'ultimo si doveva presentare ad orario di sportello munito di un valido documento di riconoscimento e dell'eventuale copia della denuncia di  smarrimento presentata alle autorità competenti. Poi, quando raramente si presentava il proprietario dell'oggetto, che nel frattempo era stato valutato dall'apposito funzionario, esigeva un versamento in contanti pari al 10 % del valore della cosa ritrovata. Trascorso un anno dal giorno della seconda pubblicazione dell'avviso di ritrovamento il ritrovatore poteva, se voleva, entrare in possesso della cosa rinvenuta versando in contanti una somma pari al 5% del valore del bene, a copertura delle spese di custodia e di conservazione.

Tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 13.00, il solerte impiegato lavorava in quell'Ufficio, e di mese in mese, di anno in anno, la sua vita era trascorsa tra gli oggetti più disparati che gli uomini dimenticavano, alcuni comuni, altri originali, altri ridicoli o consunti o anche bizzarri. Se l'oggetto recava il nome del proprietario si eseguiva una breve ricerca per rintracciarlo, anche se la regola avrebbe voluto che precedesse da parte dello smarritore una denuncia di smarrimento. In quell'Ufficio la tecnologia era entrata in punta di piedi ed un computer alquanto obsoleto dava una mano all'impiegato nell'archiviazione degli oggetti. Alla fine della settimana lui scorreva gli elenchi quasi a volere elaborare delle statistiche di quello che gli uomini perdevano di più, e credeva di immaginare le loro giornate e le loro vite considerando la natura e la quantità degli smarrimenti. Una mattina, per un banale ritardo, l'impiegato, che si chiamava Giovanni, fu costretto a telefonare in Ufficio pregando il suo vicino di stanza, che si occupava d'altro, di sostituirlo per un'oretta. Quando giunse, il sostituto gli consegnò l'oggetto che gli era stato recapitato da un giovane ma che non aveva registrato, e dovette ammettere che non aveva neppure rilevato le generalità del rinvenitore. Giovanni era contrariato, anche perché l'oggetto era un registro scolastico, dalla copertina azzurra e con un consistente numero di pagine. Un documento scolastico importante che certo non sarebbe dovuto arrivare nel suo Ufficio. Lo esaminò e fu sollevato dal fatto che sulla copertina era scritto il nome del professore e la denominazione dell'Istituto di appartenenza. Pensò che avrebbe risolto la questione con una telefonata, che gli avrebbe certamente guadagnato la riconoscenza di chi - ne era sicuro - si stava disperando per quella perdita. Del registro personale nessun insegnante può fare a meno. Lo preleva al mattino dal cassetto, lo pone sotto il braccio o nella borsa e poi si reca in aula. Il registro è tutto: assenze, valutazioni, argomenti. Vi si adagiano i giorni, i mesi. Il tempo vi si rapprende in piccoli segni neri d’inchiostro, per divenire furioso, in lunghe linee verticali, alla chiusura dei periodi e dell’anno scolastico. Giovanni immaginava la scena: il professore, accortosi dell'assenza del registro, dopo aver scrutato ansioso tutto lo spazio circostante, doveva averlo cercato in tutti i luoghi in cui era stato e distrattamente poteva averlo appoggiato. Lo scorrere inesorabile dei minuti aveva reso straziante la ricerca, perché senza registro il professore non si era neppure recato nell'aula. Alla sua mente si presentavano i dati dolorosamente raccolti in quel  registro. Erano il gruzzolo di parole raccolte su bocche stentate, quasi una elemosina. Erano le ore di correzioni faticose nei pomeriggi festivi. Erano silenzi ingiustificabili, prestazioni scadenti; erano anche  torrenti di preziose informazioni e pensieri  lanciati senza risparmio a cervelli distratti. Mai quella copertina blu doveva essergli parsa tanto importante. Gli sarebbe toccato presentarsi alla classe senza registro, la penna inutile tra le dita, gli occhiali invano pronti ad ingrandire i quadretti...Questo immaginava  Giovanni, quando un pensiero più concreto gli balzò nella mente...il professore non aveva smarrito il registro a scuola, ma per strada! Come sarebbe potuto arrivare altrimenti nel suo Ufficio? Ma nessun professore avrebbe mai portato con sé il registro, né tantomeno in quel periodo, che non corrispondeva alla fine dell'anno scolastico o alla scadenza in cui si compilano le pagelle. Giovanni molti anni addietro era stato uno studente, anche bravo, e sapeva che talvolta i professori portavano con sé il registro, ma in casi eccezionali e di nascosto, perché era vietato. Comprese all'improvviso che per quel professore lo smarrimento aveva potuto assumere il carattere di una tragedia, e cercò lesto il numero telefonico dell'Istituto di appartenenza. Telefonò con passione; gli passarono  la segreteria didattica, fece il nome del professore, spiegò l'accaduto... ma rimase sconcertato quando gli dissero che nessun professore di quel nome prestava servizio in quella scuola, nessun supplente, nessun insegnante di sostegno, nessuno. Dovette riagganciare il microfono. Allora cominciò a sfogliare le pagine del registro, a scorrere gli elenchi dei nomi degli allievi per classe, a leggere gli argomenti svolti, i voti, i giudizi. Quando giunse alla fine, dovette ammettere che l'anno scolastico in questione era concluso, dal momento che sul registro erano debitamente segnati anche gli esiti. Guardò l'anno scolastico...ma si trattava di un periodo risalente ad oltre quindici anni prima! Che sciocco! Era lo smarrimento ma di un documento senza più valore, magari gettato tra le carte per lo svuotamento di un archivio! Restava in lui tuttavia la curiosità di sapere come quel registro fosse arrivato nel suo Ufficio, e chi fosse quel ragazzo tanto solerte da prendersi la briga di andare a consegnare il vecchio scartafaccio di un docente anonimo, forse in pensione. Ritelefonò alla scuola, spiegò nuovamente l'accaduto. La segretaria era nuova di quell'istituto, e gli passò al telefono il dirigente, che a sua volta mandò a chiamare un docente anziano, e non tanto per soddisfare la richiesta di un povero impiegato, quanto per toglierselo di torno. Il docente anziano finalmente confermò che circa quindici anni addietro era cessato dal servizio il professore in questione, che era stato un bravo e stimato insegnante, amato da colleghi ed allievi. Purtroppo il docente non era uscito solo dalla scuola ma anche dalla vita, e la notizia aveva rattristato quelli che lo avevano conosciuto, in verità non molti, per ovvi motivi d'età. Quanto alla causa per cui quel registro fosse finito fuori dalla scuola, nessuno seppe dire, perché l'archivio era stato svuotato da circa cinque anni, ed i vecchi registri erano stati tutti distrutti. A Giovanni però questo non importava più. La questione era risolta. Avrebbe tenuto ancora per qualche giorno il registro e poi lo avrebbe serenamente eliminato. A chi poteva più servire? Il professore non era più e verosimilmente si godeva le gioie del paradiso come premio di un'onorata carriera. 

Quel giorno Giovanni si trattenne oltre l'orario di servizio. Aveva perso tempo con le conversazioni telefoniche e non voleva far accumulare il lavoro. Perciò era buio, e il pomeriggio invernale scivolava nel freddo della sera, quando si risolse ad indossare cappotto e sciarpa per andare via. Aveva appena chiuso la porta dell'Ufficio quando nel piccolo locale antistante, la saletta d'attesa per il pubblico, intravide un signore anziano, dai capelli bianchi, che sembrava aspettarlo. Disse frettolosamente che l'Ufficio era chiuso al pubblico, di tornare l'indomani, ma l'uomo non si mosse. Anzi si avvicinò e presentandosi disse che era venuto a reclamare un oggetto personale, il suo registro scolastico. Giovanni sulle prime rimase interdetto, scrutò l'uomo, mise le mani nelle tasche e poi, dopo averle estratte, le strofinò con forza per capire se stesse sognando. L'aspetto di quella persona era assolutamente rassicurante: la fronte alta e nobile era appena solcata da rughe sottili, gli occhi vivaci e chiari, le labbra atteggiate ad un sorriso gentile; allora Giovanni fu certo di non aver ben compreso quello che gli avevano riferito telefonicamente dalla scuola. Il professore era evidentemente ancora vivo. Esitando e quasi balbettando riuscì a chiedergli perché lo volesse, il registro, dal momento che si trattava di un anno scolastico ormai trascorso, e di un documento non più in corso. Il professore con un impercettibile inchino gli rispose, e la sua voce era velata di malinconia: "per ricordo".

 

Tratto da : Maria Colaizzo -  “La Scuola Marginale” - Edizioni Millerighe, Napoli 2015