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Saluto ad una Quinta

Quando tu passi, o cara Quinta, in quello
glorioso albergo e nobile palagio,
sembra a tanto rumor che si fracassi
il muro intorno, e la scala si svella.
Con quella forza ch'ogni forza eccede
guadagni l'aula e nella soglia hai il piede:
le dame e i cavallier sono una piazza
dove il Maestro affanna, oppur stramazza.
Iniquamente chiacchiera Lorenzo
chiomato come un sire e han l'occhio vago
Armando l'elfo e il nobile Corrado.
S'allena per la giostra il buon Gerardo
per le maghe gentili, le donzelle
Lavinia e Giorgia timide favelle;
mentre Giada rivela il bel visino
Melania affida all'arme il suo destino.
L'animoso Ferrara smemorato
fugge nel corridoio e Nasti è assorto,
fissa l'ingenuo cielo un po' sorpreso
il prode Stefano e Giuseppe gagliardo
discute senza freni; alto è il fragore,
ma Chiara lo rischiara col silenzio
e Francesco riflette
mentre il saggio, l'antico Emmanuele
all'ascolto si mette, e li richiama,
e gioca l'instancabile Nardini.
Che per amar si deve essere amati
lo insegnano Luigi e Federica,
e il cavallier gentile, il buon Matteo;
Giulio è giulivo e Carmine affettuoso,
ma rumorosi oltre ogni uman sentire;
Agrò studia furtivo un'altra cosa
e il valoroso Ausiello la parola
prende ignorando il tragico frastuono;
il gran Barbato cavaliere bruno,
il gioioso Barbati, il tremendo De Rosa,
fanno un perpetuo suono,
simile a un misterioso, eterno tuono.
Chiude la schiera Angelica la bella
che nel trambusto era salita in sella,
ed il destrier ch'avea intelletto umano
l'avea portata fuor dal  luogo strano.
 Scomposta turba, odi le parole
del Capitano stanco anzi sfinito
or guarda alla battaglia
che s'apparecchia. Che da questo istante
t’è preparata la più degna impresa
e se del tuo valor farai la prova
segua la fama, e il chiasso si dissolva.
 
Maria Colaizzo
(tratto da “La Scuola Marginale – Edizione Millerighe 2015)