di Angelo Picariello
tratto da “Avvenire” del 19 aprile 2025
Parla il vicepresidente
della Consulta: «Con il concetto di “spesa costituzionalmente necessaria”
abbiamo ricordato che le Regioni non possono far quadrare i conti a spese dei
servizi essenziali».
tratto da “Avvenire” del 19 aprile 2025
Il vicepresidente della Corte costituzionale Luca
Antonini - Francesco Bianco
«Il principio
universalistico della nostra sanità è messo in pericolo da una deriva americanizzante».
I tagli, i ritardi intollerabili nell’erogazione dei servizi vanno a intaccare
la base stessa della nostra democrazia, in un uno dei principi costituzionali
fondamentali. Lo sostiene Luca Antonini, vicepresidente della Corte
Costituzionale, grande esperto di sussidiarietà e fruizione dei servizi
essenziali. Si è occupato di costi standard da presidente della commissione
tecnica sul federalismo fiscale, e da giudice costituzionale e stato redattore
di importanti sentenze come la 131 del 2020 (che interveniva sul principio di
sussidiarietà orizzontale) e della 195, lo scorso ottobre, con la quale veniva
fatto divieto alle Regioni di intaccare la spesa sanitaria per quadrare i
conti. Ha curato, con Stefano Zamagni, Pensare la sanità (edizioni
Studium), appena uscito e già in ristampa, che verrà presentato il 28 maggio
alla Camera (alla Sala della Regina con la presenza dei ministri Schillacie
Giorgetti, e del presidente dei governatori, Fedriga ).
Come nasce questo libro e la collaborazione con Zamagni?
Sono legato a
Stefano da profonda amicizia e lo considero uno dei miei principali maestri. Né
lui né io avevamo la necessità di scrivere l’ennesimo libro della nostra ormai
lunga carriera accademica. Questo nasce invece dal bisogno, che sentiamo come cittadini,
di fare qualcosa, attingendo alla nostra esperienza in materia, per contribuire
a salvare la sanità italiana dal rischio di una deriva americanizzante, dove
quella che è stata la sanità di tutti, potrebbe diventare la sanità di pochi,
paganti e quindi non soggetti a critiche liste di attesa.
La salute è
oggetto di una tutela costituzionale specifica, ma la non effettività di tale
diritto entra anche sul terreno di altri articoli, come il 3: rischia di
saltare l’uguaglianza fra i cittadini.
La salute è
l’unico diritto espressamente riconosciuto come “fondamentale” dalla
Costituzione. Nel libro viene ricostruito il dibattito che, in assemblea
costituente, permise di raggiungere tale risultato, grazie all’intervento di
tre grandi medici, Caronia, Merighi e Cavallotti, rispettivamente della Dc, del
Psi e del Pci, che all’unisono indicarono come imprescindibile tale
riconoscimento.
Che cosa s’intende per «spesa costituzionalmente
necessaria», principio richiamato dalla Consulta, in relazione proprio alla
spesa sanitaria?
Uno dei
principali problemi della sanità italiana deriva dai tagli, per circa 40
miliardi , avvenuti tra il 2012 e il 2019. I tagli alla sanità sono silenziosi
nel momento in cui vengono praticati, nel senso che il cittadino non li avverte,
ma fanno un rumore assordante quando, dopo anni (ed è l’attualità che stiamo
vivendo), occorre sostituire i macchinari, rimpiazzare chi va in pensione, ecc.
Avveduta di questo problema la Corte costituzionale, recentemente, ha elaborato
la nozione di “spesa costituzionalmente necessaria”: significa che, a fronte di
una scarsità di risorse, devono essere prioritariamente tagliate le spese non
riconducibili a principi costituzionali “alti”, come quello della tutela della
salute.
Quanta parte occupa la sanità nel concetto di
democrazia che è stato al centro della Settimana sociale di Trieste?
Il tema della
salute come diritto di tutti è stato al centro di una delle piazze della
democrazia che hanno animato quell’evento. Giustamente, perché la democrazia italiana
ruota attorno alla coesione sociale: nel libro, Zamagni ricorda che secondo il
premio Nobel J. M. Buchanan una democrazia può sopravvivere solo se i suoi
programmi di welfare si ispirano a principi di universalismo.
Il servizio
sanitario nazionale, istituito da Tina Anselmi, il primo ministro donna, è in
pericolo?
Il titolo
scelto, Pensare la sanità, vuole mettere in evidenza che dietro
alla storia del nostro sistema sanitario c’è stato un pensiero forte. Negli
ultimi 15 anni è questo che è mancato, più ancora che le risorse, ed è questa
pigrizia intellettuale che può mettere a rischio una conquista come quella
raggiunta grazie all’impegno di Tina Anselmi, peraltro, in una situazione
davvero critica, era il periodo degli anni di piombo, culminati con
l’assassinio di Aldo Moro, e della grave crisi energetica, dovuta all’alto
prezzo del petrolio. Il pericolo è la mancanza di idee più che quella delle
risorse, che stanno tornando a esserci.
L’autonomia differenziata ha ricevuto dalla Consulta
una notevole “potatura”. Agendo sui Lep, i livelli essenziali di prestazione,
la legge da “rischio” per l’unità del Paese può ora diventare opportunità?
La Corte
costituzionale nella sentenza di ottobre, in sostanza, ha messo in evidenza che
il principio di sussidiarietà, sia verticale che orizzontale, è la chiave di
volta con cui reinterpretare il regionalismo italiano e quindi anche la stessa
autonomia differenziata. Non ci possono essere quindi risposte precostituite,
dipende come da come questa viene attuata.
Le organizzazioni religiose e il Terzo settore hanno
una presenza storica nella nostra sanità, portando un elemento di efficienza
nella vicinanza all'uomo che soffre. Quanto è sussidiario il nostro sistema
sanitario? Dovrebbe esserlo di più?
Una grave lacuna
del Pnrr è l’aver stanziato circa 16 miliardi per ospedali e case di comunità
senza coinvolgere il Terzo settore, che è molto forte proprio nel sistema
dell’assistenza socio sanitaria a livello territoriale; non si è fatto ricorso,
ad esempio, a quella co-programmazione prevista dall’articolo 55 del codice del
Terzo settore, fortemente valorizzata dalla sentenza 131 del 2020. Così si sono
create cattedrali nel deserto (della sanità), come le definisce il libro.