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A Piccoli passi dentro la poesia

 
Se il pensiero grava sull’anima e la opprime, ecco che la poesia insinua in essa un soffio lieve e la protegge.  (Virginia Varriale)
 
“A piccoli passi dentro la poesia, Una lettura degli Idilli di Messina di Friedrich Nietzsche” - Paolo Loffredo editore -, ultimo lavoro di Virginia Varriale, è un testo davvero originale: le poesie, gli Idilli, di Nietzsche sono letti da Virginia Varriale non attraverso un commento in prosa, pur presente a margine degli stessi, ma attraverso le sue poesie. Non a caso le poesie di Virginia costituiscono la prima parte del libro; la visione poetica della Varriale è la preparazione necessaria per una lettura molto originale della poesia di Nietzsche.
La poetessa scrive a partire da sé, con tutta quella sapienza femminile che deriva da relazioni con donne importanti, letterarie e non, ma sempre incarnate, da lei conosciute da tempo o frutto di recenti e felicissimi incontri (pensiamo al bell’omaggio a Lucia Mastrodomenico riportato nella pagina che precede la prefazione).
 
La lettura del libro porta a riflessioni tutt’affatto semplici. Riprendiamo alcune frasi dal libro e proviamo a farle divenire esempi:
“A piccoli passi dentro la poesia” invita a considerare il “divorzio tra poesia e filosofia che caratterizza il pensiero occidentale” non inevitabile. La Varriale ci illustra perché, non di divorzio si tratta, ma, frequentemente, di matrimonio felice.
Come si può differenziare tra arte, razionalità e poesia? Quando arte, poesia e ragione contribuiscono a metterci in ascolto, non possono essere separate; il collegamento tra loro diviene legame che porta al progredire della conoscenza e della sapienza.
 Chi si ferma è perduto ma perde tutto chi non si ferma mai. Un ribaltamento di intenti che fa riflettere, sul senso del progredire nella vita, di ognuno di noi.
“La cura” (Non lo sanno, sono semi / e per fiorire / ci vogliono cure/ e il desiderio/ di fiorire) dell’insegnamento, mestiere primo di Virginia che, fortunatamente, la Varriale continua a praticare, in uno con la sua riflessione teorica.
A piccoli passi dentro la poesia, come quando Virginia scrive “Che lo sguardo resti libero, per vedere orizzonti trasparenti /rispetto a chi ha dinanzi muri opachi/ su cui è destinato a sbattere/ perché incapace di essere se stesso.”
Ed ancora: “L’azzurrità delle cose va cercata / Altrimenti tutto diventa amorfo e sabbioso”
Di tante cose abbiamo bisogno ma, alla sabbia, preferiamo le rocce ed all’amorfo preferiamo di gran lunga la regolare armonia.
Armonia ed egualità testimoniano del lucido impegno sociale dell’autrice che, da insegnante e pensatrice, offre spunti formativi, educativi: “Egualità non può essere livellamento/ ma incontro di curvature diverse/ tutte necessarie/ a che si crei armonia”
 
Le poesie come Frammezzo, Senso panico, Io, cosa?, a, E poi, Un giorno qualunque, costituiscono un vero e proprio codice per leggere con uno specifico registro gli Idilli come Il principe Vogelfrei, il brigantino detto Angiolina, Mistero notturno, Uccello albatro e Giudizio d’uccello; la chiave del codice è la poesia; il poiein con il suo linguaggio rende possibile al pensiero di potersi esprimere, al di la dei significati, con quella “irrazionalità barbaramente bella”, che la poesia porta con se. E’dunque un modo di armonizzare, di colmare quello iato che la filosofia e la scienza lasciano nell’animo umano rispetto alla loro natura.
Il libro di Virginia, con le sue liriche, ci dice che non è possibile tenere un discorso sulla poesia; “si può indagare sul dire poetico del poeta, il quale non fa poesia sulla poesia, ma è l’unico che ne ha familiarità: si spinge avanti e resta in attesa”.
 
Maria Vittoria Montemurro - Roberto Landolfi