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Perché la vittoria di Trump sullo Ius soli può avere un effetto valanga

di Angela Napoletano 
tratto da “Avvenire”  del 27 giugno 2025
 
Con una sentenza della Corte suprema passata grazie alla maggioranza conservatrice, non è stata riconosciuta l'autorità dei giudici di bloccare a livello nazionale l'ordine esecutivo della Casa Bianca.

Il presidente americano Donald Trump dopo la sentenza della Corte Suprema - Ansa

Il pronunciamento della Corte Suprema sullo ius soli non è definitivo ma ha la portata di una valanga. 
I giudici del massimo tribunale degli Stati Uniti non si sono espressi nel merito dello stop alla cittadinanza per nascita voluto dal presidente Donald Trump nell’ambito della stretta contro i migranti. Hanno fatto di più. La sentenza di ieri ha chiarito che i magistrati dei tribunali minori non hanno l’autorità per contestare, in punta di diritto, gli ordini esecutivi emessi dalla Casa Bianca.
 
La querelle è di alto profilo costituzionale. Nasce quando Trump, a gennaio, appena tornato nello Studio Ovale, firma il provvedimento che chiede la sospensione dello ius soli, ovvero dei meccanismi attraverso cui gli Stati Uniti riconoscono il diritto alla cittadinanza a chiunque nasca sul territorio americano, indipendentemente da quella dei genitori. Mossa che secondo gli oppositori è in contrasto con l’emendamento della Costituzione, il 14esimo, che dopo la Guerra Civile, nel 1868, istituzionalizzò lo ius soli.
 
Inevitabilmente, sono piovuti ricorsi. In tre casi, i giudici statali hanno bocciato la stretta trumpiana per mezzo di «ingiunzioni universali» ovvero sentenze di respiro generale che vanno oltre il caso dibattuto e che valgono anche fuori dallo Stato in cui è avvenuto. Strumento in genere adottato per segnalare presunte violazioni di leggi federali o di diritti costituzionali. L’amministrazione Trump ha chiesto alla Corte Suprema di esprimersi proprio sulla legittimità di questa pratica che, di fatto, finiva per bloccare la piena applicazione delle direttive emesse dalla Casa Bianca.
 
La giudice conservatrice Amy Coney Barrett, intervenuta a spiegare la ratio del pronunciamento, approvato con una maggioranza di sei a tre, ha sottolineato che le ingiunzioni universali, «probabilmente», superano il potere che il Congresso ha conferito ai tribunali federali. «Il potere giudiziario – ha insistito – non ha un’autorità illimitata nel far rispettare gli obblighi di legge». Le motivazioni della Barret sono tuttavia all’insegna della cautela. «La possibilità per i giudici statali di ricorrere a ingiuzioni valide oltre i confini dei propri Stati non è esclusa» «Rinunciamo – ha concluso – ad affrontare questo nodo in prima istanza». In sostante, c’è bisogno di un ulteriore approfondimento. Ai tribunali inferiori è stato quindi chiesto di valutare le implicazioni pratiche della sentenza che lascia aperta la possibilità, almeno fino a ottobre, di continuare a tentare ricorsi. La partita è insomma ancora aperta. Trump, intanto, ha già cantato vittoria. «Hanno salvato la divisione dei poteri, è una sentenza importantissima», ha esultato il tycoon in conferenza stampa. Aggiungendo: «È una vittoria monumentale per la Costituzione». The Donald è convinto, lo ha spesso ribadito, che lo ius soli sia un sistema pensato per tutelare i figli degli schiavi che, oggi, è diventato una «truffa» per gente «in vacanza» Oltreoceano.
 
L’American Civil Liberties Union ha definito il verdetto della Corte come «preoccupante» seppure limitato, incoraggiando attivisti e avvocati a cercare protezioni aggiuntive per le famiglie potenzialmente colpite dal “no” allo ius soli. Tra gli addetti ai lavori si fa largo l’idea di puntare su azioni collettive e intrastatali anche se si tratta di meccanismi difficili da portare avanti con successo.