Dalla quarta di copertina del libro di Luce Irigaray “Oltre i propri confini” si legge: “ Oggi parliamo molto dell’ospitalità da dare agli stranieri, nel nostro paese, nelle nostre città, perfino nella nostra casa. Dimentichiamo che questo dovere morale non sarà possibile se non siamo capaci di ospitare chi è vicino a noi in noi stessi: nel nostro cuore, nel nostro respiro, nella nostra vita. E se non scopriamo prima che una simile ospitalità ci porta la felicità, anzitutto se è condivisa”
In due paragrafi del libro si fa riferimento a Lucia Mastrodomenico. Nel secondo paragrafo: “Imparare ad amare” dal sottotitolo “in amicizia con Lucia”. Nel terzo “Intervista di Lucia Mastrodomenico a Luce Irigaray”. Lucia intervista l’Irigaray ponendole una serie di domande su temi quali: il rapporto tra desiderio ed amore; quando si crea il luogo del noi tra un uomo e una donna; come si crea la condivisione della felicità; si può imparare ad amare; come viene usato l’io e il tu dai ragazzi e dalle ragazze; che relazione c’è tra l’amore e la famiglia.
A proposito di come viene usato l’io e il tu dai ragazzi e dalle ragazze, Lucia chiede all’Irigaray cosa significa, quest’uso nella comunicazione; le ricorda che nella prefazione del libro “Chi sono io, chi sei tu” l’Irigaray scrive: “Questo libro non parla dei ragazzi, li lascia parlare. Li lascia dire ciò che di solito si tengono per loro o si sussurrano fra di loro”
Ci sono altre differenze. Ma queste fanno già apparire quanto la comunicazione tra lei e lui sarà difficile. La ragazza si rivolge ad un “tu” maschile per cui il dialogo non è piacevole. Lei propone al ragazzo una relazione fra soggetti fuori da ogni oggetto, cosa che lui non sopporta, di cui non è capace. Cerca di attrarre il ragazzo in un rapporto a due che lui teme, rigetta, sfugge. Lo scacco della relazione è garantito. Ciò spiega i disastri nelle relazioni amorose ma, più in generale, la povertà del nostro mondo relazionale. Spiega anche gli stereotipi relativi alla soggettività di ogni sesso. Questi stereotipi si rinforzano con l’età per mancanza di educazione a condividere nella differenza, e perché l’educazione è basata sulla necessità della sola soggettività maschile. Ciò conferma al maschio il valore del suo “io” – un io che non è senza problemi, soprattutto relazionali – e non aiuta la donna ad evitare di proiettare il suo “io” in un tu maschile, anche se questo non intende niente del significato di un simile gesto, non lo desidera, eppure attrae la donna come solo il vuoto appunto può attrarre”.
Se vogliamo trasmettere ai ragazzi e alle ragazze un’eredità relativa alla liberazione delle donne, la cosa più utile da fare, sarebbe trasmettere elementi necessari per una coltivazione dell’amore senza sottomissione dell’uno all’altro.
(RL)